Aurelio Padovani fu uno dei personaggi più carismatici appartenenti al sindacalismo rivoluzionario del secolo scorso, promotore di un concetto di sindacalismo che univa a tratti alcuni schemi di sia del sindacalismo libertario, che di quello anarchico prendendo a piene mani da Proudhon, in una chiave contraria (ma non anti-) al sindacalismo marxista (Approfondimento: L'Anarco-Sindacalismo: Proudhon contro Marx).

Sindacalismo Rivoluzionario

Il principio fondamentale del sindacalismo rivoluzionario è l'indipendenza sindacale nei confronti sia dei partiti politici che dello Stato. Questo principio verte sull'idea che la classe operaia debba agire in maniera autonoma sul terreno della produzione e contando soltanto sulle proprie capacità, considerando tra i propri strumenti privilegiati lo sciopero generale e l'uso della violenza a scopi rivoluzionari. Il fine non è la conquista del potere politico, bensì la costituzione di una società basata ed organizzata per mezzo di sindacati di lavoro e di settore.

Il sindacalismo rivoluzionario nasce in seno al partito socialista come corrente di sinistra, avente i suoi prodromi nel socialismo partenopeo ed il suo battesimo di fuoco nel primo sciopero nazionale del settembre 1904. I suoi leader sono allora gli economisti Arturo Labriola e Enrico Leone. Le due riviste teoriche più in vista sono: "Il Divenire sociale" di Roma e "Pagine Libere" di Lugano.

Nel periodo pre-bellico il sindacalismo rivoluzionario presenta caratteristiche estremamente innovative ed inserite nella modernità. Gli appartenenti al movimento in Italia studiano la psicologia delle folle e le dinamiche associative di massa (in particolare i testi di Gustave Le Bon, Paolo Orano, Scipio Sighele), fenomeni in cui era culturalmente assente l'orientamento marxista, acquisendo strumenti capaci di spiegare loro i motivi dell'immobilità del proletariato europeo ed i modi per eliminare quel problema.

Resisi consapevoli della complessità dei mezzi di informazione e persuasione atti alla mobilitazione di massa, tramite l'uso di miti e richiami all'irrazionale collettivo, i sindacalisti rivoluzionari dettero vita ad una sorta di socialismo aristocratico, guidato da una élite minoritaria altamente preparata, che sapesse fare uso di sociologia e psicologia nell'ambito politico diretto. Emblematici sotto questo aspetto furono Angelo Oliviero Olivetti e Sergio Panunzio.

I sindacalisti rivoluzionari si rendono perciò conto della dinamica in atto, che porta alla dominazione della società da parte di minoranze capaci di utilizzare sapientemente quegli strumenti. Essi ritengono che la democrazia parlamentare immobilizzi il proletariato, togliendogli energie e quindi annientandone l'indole potenzialmente rivoluzionaria in uno stato di soggezione permanente, il tutto a vantaggio del capitalismo, padrone dei sistemi di persuasione e di produzione di massa. Il compito dei sindacalisti rivoluzionari sarebbe quello di guidare la classe proletaria stessa contro le declinanti istituzioni dello Stato liberale e creare un nuovo Stato strutturato in sindacati.

Già dai primi anni del secolo, il sindacalismo rivoluzionario mosse soprattutto contro il riformismo socialista, che monopolizzava il movimento operaio, tentando di far emergere e riconoscere la propensione per i valori dell'attivismo, del dinamismo, dell'energia del volontariato, dell'interventismo. In questa visione, lo sciopero generale diventa l'evento culminante del movimento, quello in cui si concretizza il decisionismo della guida aristocratica e l'impeto rivoluzionario delle masse.

Grazie agli elementi comuni, cominciano a crearsi legami ed apporti reciproci tra sindacalismo rivoluzionario e futurismo, il quale accresce l'elitarismo dell'altro e le sue venature nicciane già esistenti.

Almeno fin dal 1910, anno in cui Enrico Corradini parlando a Trieste pose in stretta parentela e congenialità sindacalismo e nazionalismo, i sindacalisti rivoluzionari si erano spostati verso tale impostazione ed aderirono con entusiasmo alla guerra libica. Le riviste di Olivetti ed Orano erano attraversate da forti accenti nazionali, parallelamente al movimento soreliano in Francia, mentre Edmondo Rossoni propose nel 1912 a New York un'organizzazione operaia nazionalista che difendesse i diritti dei lavoratori italiani all'estero.

Verrà seguito questo tracciato quando nel 1912 Olivetti e Panunzio guidano l'intero movimento sindacalista rivoluzionario sul tema della guerra italo-turca, arricchendo il tema nazionalistico ed evolvendolo dalla posizione risorgimentale di idea nazionale e quella conservatrice-patriottarda ad una visione di riscatto per un popolo giovane e pieno di energie come quello italiano, per essi capace di poter avanzare ben precise richieste in ambito internazionale.

L'avvicinamento al Fascio Napoletano

Sebbene coinvolto nell'esperienza politica del San Sepolcrismo, poi mutata nei Fasci Italiani di Combattimento, la sua natura rivoluzionaria ed il suo modo così innovativo di fare politica e di interessarsi alla tutela ed ai diritti dei lavoratori, lo fecero diventare subito una figura di spicco nella politica napoletana, cercando di portare la visione libertaria avutasi a Fiume, anche nella politica sindacale di Napoli. (Approfondimento: L'espressione libertaria della Fiume Indipendente).

Gli fu accreditato il ruolo di fondatore del fascio napoletano, ma da testimonianze dell'epoca il 28 dicembre 1920, ad una manifestazione in appoggio a D’Annunzio e alla sua idea libertaria di nazione indipendente (cosa che gli inetti di Casapound Napoli, continuano a non capire, strumentalizzando la sua figura esaltandolo in quanto fascista e non scrivendo nulla riguardo le sue politiche a favore dei lavoratori, ndr).

Non è, quindi, presente a quella prima riunione semiclandestina del fascio napoletano il 1° aprile del 1919, in Galleria, nella quale, però, dispetto dello scarso numero dei convenuti, già si delineano le due anime del fascismo dell’intera regione: una nazionalista-monarchica, e l’altra rivoluzionario-combattentistica. A determinare la vittoria della seconda, partita “in svantaggio”, sarà proprio la presenza e l’azione di Padovani.

Le sue azioni rivoluzionarie e il suo impeto intransigente lo resero non solo popolare, ma la sua vicinanza agli ambienti dei lavoratori e alle classi sociali più basse, con una particolare attenzione alle politiche di quest'ultime, gli fecero guadagnare popolarità e soprattutto diedero a Padovani modo di poter applicare in concreto le politiche del sindacalismo rivoluzionario a discapito di frange del partito più reazionarie e borghesi.

Cominciano, però, i dissensi nel vertice del movimento: i più tradizionalisti e gli irriducibili monarchici che attaccano Padovani, sul piano istituzionale per il suo “fanatismo scontroso” che ne fa un convinto repubblicano, e sul piano pratico per essere stato l’organizzatore delle squadre che, a metà giugno, attraversano la città imponendo il ribasso forzoso dei prezzi in diverse tipologie di negozi, accostandolo alle azioni vicine più al movimento operario e comunista, tanto è vero che fu accusato di  "bolscevismo” da alcuni membri del partito.

Erano gli operai, comunisti, anarchici, studenti, i lavoratori del Porto e i contadini, la parte che sosteneva in gran voce Padovani, si fece seguire da persone scontente della politica attuale e riuscì a fare quello per il quale iniziò ad appassionarsi alla politica rivoluzionaria facendo avvicinare a sé personaggi improbabili che sposarono la causa di Padovani, molti erano contrari alle politiche del movimento, ma volendo seguire il sindacalista rivoluzionario di Portici, decisero di aderirvi per la sua dedizione alla causa della classe proletaria.

Dissapori e l'Allontanamento dal PNF

All’inizio del 1922 cominciò a Napoli lo sciopero portuale che durò sei mesi, durante i quali Padovani svolse un’intensa azione per facilitare la conclusione e determinare il passaggio di tutte le organizzazioni portuali alla sua visione di sindacalismo, ma inevitabile fu la rottura con i vertici del partito per la loro volontà di mischiarsi alla politica parlamentare tradendo gli ideali del San Sepolcrismo , promuovendo una linea politica a lui avversa ed estranea.

“Noi fascisti non intendiamo andare al potere per la porta di servizio. Noi fascisti non intendiamo di rinunciare alla nostra formidabile primogenitura ideale per un piatto miserevole di lenticchie ministeriali! Perché noi abbiamo la visione, che si può chiamare storica, del problema, di fronte all’altra visione, che si può chiamare politica e parlamentare”

Queste furono le parole dure che disse direttamente al Duce, aveva capito la deriva bigotta e reazioanaria del Paritto subito dopo la Marcia Su Roma.

Agli occhi di tutti furono, comunque, l’ostilità verso i nazionalisti (che egli si ostina ad ammettere ai fasci non “in massa”, ma solo “uno per uno”, dopo un esame di tutto il loro precedente curriculum politico) e l’intransigenza nella difesa dei contenuti sindacalisti e proletari a farlo allontanare dal movimento, il PNF (soprattutto i Patti Lateranensi) non era quello che fu a San Sepolcro.

Mussolini lo utilizzò come "uomo immagine", data la sua evidente popolarità, ma voleva toglierlo da Napoli per il troppo consenso acquisito, ritenendolo una minaccia per il neonato regime.

Fiutando la trappole, Padovani si dimette da tutte le cariche del Partito; torna a Napoli, accolto da manifestazioni di giubilo dei suoi seguaci, e rilascia dichiarazioni nelle quali manifesta il proposito di “riacquistare il diritto di parlare a fronte alta per la salvezza del Partito e per affrontare quanti poco degnamente circondano il duce magnifico".

Infatti è oggettivo che 1923 decise di abbandonare tutte le cariche ed i ruoli politici che ricopriva per la deriva reazionaria e bigotta che aveva acquisito il fascismo dopo aver tradito tutti i suoi ideali rivoluzionari ed aver instaurato una delle peggiori dittature mai avvenute nel corso della storia italiana (al contrario dei lobotomizzati di Casapound che continuano, al giorno d'oggi, a rivendicare la sua figura come legata alla politica mussoliniana, un consiglio: imparate a leggere e scrivere, poi aprite qualche libro, ndr).

Una volta preso atto delle sue decisioni di allontanarsi, la Giunta Esecutiva del PNF, respinge le sue dimissioni e lo espelle per grave ostinata indisciplina.

È, quello dell’indisciplina, il rischio più forte che corre l’ancora fragile Governo fascista, e vi farà riferimento lo stesso Mussolini, con un telegramma al Direttorio nazionale provvisorio del PNF che, il 22 ottobre del 23, all’approssimarsi dell’anniversario della Marcia, sta valutando una serie di posizioni di “dissidenti”, ai fini di favorirne la riammissione al Partito.

Mussolini la mette sul personale, ed ha ragione: Padovani è già stato, nel ’22, uno dei pochi capi squadristi a sostenere le sue ragioni, al momento del “patto di pacificazione”, ri-integrandolo provvisoriamente nei ranghi del partito.

Una volta giunta a lui tale decisione, comunque Padovani decise però di dimettersi definitivamente  ma le sue dimissioni non passarono però inosservate, infatti in Campania si susseguirono un gran numero di dimissioni dal partito fascista, dimissioni date sia da membri di rilievo del partito che da semplici iscritti, tutti strettamente legati  alla sua interpretazione socialista e libertaria del Fascismo (legata all'esperienza della Reggenza Del Carnaro e del San Sepolcrismo).

L'eredità che ci lascia Padovani

La storiografia di destra, afferma che davanti a queste dimissioni lo stesso Padovani decise di ordinare personalmente ai “suoi uomini” di rientrare nel partito, ma in realtà non fu affatto così. Padovani decise di abbandonare il Partito perché legato ad una politica reazionaria e borghese aliena alla sua concezione di Sindacalismo Rivoluzionario. La sua simpatia per Mussolini, fu solo "umana" e non politica.

Per pacificare le tensioni dovute al repentino calo di popolarità del partito a Napoli, vi fu un acquisto del consenso, utilizzando la sua figura e le sue politiche per attirare a sé nuovi e vecchi sostenitori.

Questa campagna servì per non indebolire la figura del fascismo nei confronti di uno dei massimi teorici del sindacalismo rivoluzionario, anche per combattere l'ascesa di tantissimi movimenti antifascisti clandestini che poi avrebbero messo radici nella citta partenopea fino ad farla diventare una delle città più "rosse" d'Italia del dopoguerra.

Nonostante non fosse più un personaggio di spicco del partito, fu utilizzato (ancora una volta) da "uomo immagine" a tal punto che restò a lungo un punto di riferimento del sindacalismo rivoluzionario napoletano e fu oggetto di numerose attestazioni di stima da parte di fedeli e simpatizzanti.

Proprio in una di queste dimostrazioni di stima ed affetto ,il giorno del suo onomastico, intento a salutare una folla di simpatizzanti venuti a rendergli omaggio , morì insieme ad altre otto persone a seguito del crollo accidentale del balcone della sua dimora da cui era affacciato.

Questa sfortunata sorte che spettò a Padovani fu oggetto di mistero e di sospetti di complotto voluto ed attuato dai vertici del partito fascista, tesi però del tutto infondata . I funerali furono davvero imponenti e vi parteciparono migliaia di persone, a prescindere dalla loro ideologia o dal loro ruolo politico, siccome era stimato all'unanimità dal popolo napoletano.

A confermare l'uso strumentale del sindacalismo di Padovani, fu anche la lapide a lui dedicata: in realtà, la prematura scomparsa del sindacalista di Portici, servì come mezzo strumentale del regime nei confronti dei delusi del partito che stavano lasciando i ranghi perché sempre più lontani dalla matrice sociale e proletaria dei primi tempi (uno di questi fu Ruinas, del quale abbiamo parlato in un altro articolo, per approfondire Il Socialismo Antidogmatico di Stanis Ruinas)

Simbolo di coerenza e dedizione totale all’ideale rivoluzionario accanto a personaggi di spicco come De Ambris (sindacalista rivoluzionario che aderì all'esperienza libertaria di Fiume e che divenne antifascista a seguito delle derive reazionarie del neonato P.N.F.,ndr) , Filippo Corridoni, Ottavio Dinale, Michele Bianchi, Umberto Pasella, Padovani è stato uno degli ultimi uomini che a Napoli tentato di rivoluzionare la politica sindacale in favore dei lavoratori.

La sua politica rivoluzionaria lo fece accostare alle figure dei fratelli Strasser in Germania, quando nel dopoguerra s'iniziavano a crearsi una serie di movimenti sincretici che mettevano assieme entrambe le ideologie (Approfondimento Otto Strasser: il peggior nemico di Hitler), movimenti che verranno trattati ed analizzati in seguito.

Tutt'ora la sua figura è oggetto di strumentalizzazione da parte dell'estrema destra per farlo apparire come il "seguace perfetto di Mussolini", quando in realtà, Padovani è una figura da approfondire, anche per chi, come noi, è lontano da certe ideologie totalitariste.


🌱 Vuoi supportarci? Visita il nostro eco-shop:

📎 Guarda anche

Perché non siamo di sinistra

Quando si affronta la questione di cosa si deve fare, dovrebbe essere di primaria importanza il metodo del cambiamento piuttosto che il risultato.

Da ciò esprimiamo il desiderio di rompere con la tradizione del pensiero anticapitalista, che passa il suo tempo a occuparsi delle condizioni dopo la rivoluzione, nonché a come familiarizzare la gente comune in un ambiente radicale attraverso metodi di organizzazione presumibilmente costruiti per adattarsi ai bisogni di dette persone.

Piuttosto che la linea d'azione presa in accordo con un gruppo di "eroi rivoluzionari", la linea d'azione è determinata dalla classe che realizzerà la sua autoemancipazione dal capitale.

Per descrivere ciò che siamo dobbiamo prima spiegare ciò che non siamo.

Militanza: il più alto stadio di alienazione

Dal movimento di occupazione del maggio '68, abbiamo visto svilupparsi a sinistra del Partito Comunista e della CGT tutta una serie di piccole organizzazioni che pretendono di seguire il trotskismo, il maoismo o l'anarchismo. [1]

Nonostante l'esigua percentuale di lavoratori che entrano nelle loro file, pretendono di competere con le organizzazioni tradizionali per il controllo della classe operaia, di cui si proclamano l'avanguardia.

La ridicolaggine delle loro pretese potrebbe far ridere, ma le risate non bastano. È necessario guardare più a fondo, capire perché il mondo moderno produce questi estremisti burocratici e strappare la maschera delle loro ideologie per rivelare il loro vero ruolo storico.

I rivoluzionari devono, per quanto possibile, prendere le distanze dalle organizzazioni di sinistra e mostrare che, lungi dal minacciare il vecchio ordine mondiale, l'azione di questi gruppi può portare solo al suo ricondizionamento.

Iniziare a criticarli prepara il terreno al movimento rivoluzionario, che sarà obbligato a liquidarli, pena la liquidazione a sua volta.

I "Tankies" e l'Inganno dell'Unità di Sinistra

Un tankie è chiunque difenda i dittatori capitalisti di stato autoritari e le atrocità che hanno commesso e continuano a commettere.

Gli anarchici anglofoni usano la parola "tankie" per descrivere qualsiasi sostenitore di regimi autoritari che pretendono di essere socialisti.

"Fascista rosso" è un altro termine popolare usato in questo contesto.

Sorel, il primo Sindacalista Rivoluzionario

Afferma Sorel: «il socialismo è una questione morale, nel senso che esso porta alla luce un nuovo modo di giudicare gli atti umani, oppure, seguendo una celebre espressione di Nietzsche, una nuova valutazione di tutti i valori».

Il proletariato non ha bisogno di guide: autorganizzandosi, invece, può rendersi consapevole della sua funzione rivoluzionaria. Contro la tesi marxista del proletariato organizzato in un partito, Sorel auspica - senza per questo riprendere le idee anarchiche di Michail Bakunin ma semmai quelle di Proudhon, il primo anarchico - che l'azione diretta, senza mediazione alcuna, sia lo strumento dell'azione rivoluzionaria.

Un Manifesto Radical Chic

Benvenuto, caro lettore, a un manifesto che promette di cambiare tutto e non realizzare nulla.

Siamo gli anarchici di sinistra radical chic, e siamo venuti per salvare il mondo da se stesso. O, almeno, lamentarsene.

In questo nostro mondo, dove i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, dove le corporazioni regnano sovrane e i governi non sono che semplici burattini, è difficile non provare un senso di disperazione.

Ma non temere! Perché siamo venuti per offrire una soluzione che garantisce di peggiorare le cose!

Attraverso lo Specchio dell'Attivismo: Smontando l'Elogio della Militanza

Benvenuti a questa recensione di una recensione, un viaggio attraverso le intricate spirali del pensiero e della critica. In un atto ricorsivo di riflessione autoreferenziale, ci addentriamo nell'analisi di "Elogio della Militanza", esaminando non solo il contenuto del testo in questione, ma anche la nostra interazione con esso. Proprio come l'autore dell'articolo originale ha affrontato il libro di Roggero, ci addentriamo nelle profondità dei paragrafi, tracciando un percorso di contestazione e sarcasmo dall'angolazione di un attivista anarchico che ripudia la militanza.

🎥 Partecipazione al comitato NO DRAGHI di Perugia ed intervista esponenti PCI

Questa mattina a Perugia si è svolta una manifestazione collegata alla Giornata Nazionale No Draghi, dopo un anno dalla prima in risposta al governo Draghi.

L'Anarchismo Idiosincratico di Lysander Spooner e il "Socialismo di Mercato"

Lysander Spooner è una figura importante nella storia del movimento per la libertà. Era un sostenitore del movimento operaio ed era persino un membro della Prima Internazionale in un momento in cui socialisti e anarchici coesistevano pacificamente all'interno di quel movimento. Forse una delle cose più interessanti di Spooner è che fu il primo a gestire una società privata in diretta concorrenza con l'ufficio postale degli Stati Uniti. Questo sforzo prevedibilmente fallì non perché l'American Letter Mail Company non potesse competere, ma perché Spooner era ostacolato dalla legge.

Gli scritti di Bakunin contro Marx

Bakunin tira fuori le sue armi migliori, finalmente, per attaccare Marx e il gruppo di potere che si era insediato nell’Internazionale. In queste pagine è finito il tempo delle illusioni e delle collaborazioni, le critiche sono chiare e dirette.

Una volta aveva detto che bisognava separare le grandi capacità analitiche di Marx, la sua preparazione filosofica ed economica, la quale poteva essere utilizzata anche dagli anarchici (invero in questo campo endemicamente carenti) e per il resto lo si poteva mettere tra parentesi. Adesso affronta le trame intestine, le calunnie, le chiacchiere di corridoio, i soppesamenti dietro le quinte, le correnti di potere, le meschinerie personali, e tutto quel bagaglio che in una parola si potrebbe definire come “politica”.

Herbert Marcuse e il pensiero anti-autoritario

Herbert Marcuse è stato uno dei pensatori più influenti del Novecento, soprattutto è nota la passione che per lui avevano gli studenti in rivolta nei tardi anni sessanta. Il suo pensiero, intrinsecamente anti-autoritario, rispecchiava la volontà di cambiamento radicale che animava la protesta dei giovani in tutto il mondo occidentale; il suo rifiuto di ogni forma di repressione, il suo secco no alla civiltà tecnologica (in entrambe le declinazioni liberal-capitalistica e comunista-sovietica), lo resero il filosofo del "grande rifiuto" verso ogni forma di repressione.

L'Anarco-Sindacalismo: Proudhon contro Marx

Mi ci sono voluti vari anni per leggere e comprendere le opere di Pierre Joseph Proudhon. Bakunin, Kropotkin, Malatesta e Goldman mi erano tutti familiari, quindi perché ero reticente sul "padre dell'anarchismo"? Alcuni di questi possono essere attribuiti all'influenza generale degli scritti di Marx sull'opinione pubblica. Marx ha fatto un lavoro di scure su Proudhon e marxisti come Hal Draper hanno preso citazioni fuori contesto o hanno tirato fuori dichiarazioni imbarazzanti che facevano sembrare Proudhon autoritario o proto-fascista.

Mutualismo Economico

Il mutualismo, chiamato anche proudhonismo o anarco-mutualismo (AnMut), è un'ideologia economicamente di sinistra (ma pro-mercato), anarchica e culturalmente variabile basata principalmente sugli scritti di Pierre-Joseph Proudhon.

Inoltre, è fortemente a favore della libertà individuale e può essere visto come l'ideologia unificante tra le scuole di pensiero anarchico sociale, individualista e di mercato, ed è stato molto influente nello sviluppo di altre ideologie anarchiche successive.

Il colore arancione rappresenta il suo voler essere una terza via tra il marxismo (rosso) e il capitalismo (giallo), mutuando libertà individuale e collettivismo.

Ted Kaczynski dal carcere sull'Ecofascismo: "un ramo aberrante della sinistra"

A smentire i luoghi comuni e l'etichetta di ecofascista sul noto ecoterrorista e scrittore Ted Kaczynski, detto "Unabomber" e sui movimenti di ecologia radicale, ci pensa lui stesso dal carcere, in una nota manoscritta datata 29 settembre 2020, scansioni recuperate il 10 febbraio 2022.

📃 Segue traduzione in lingua italiana del documento originale.

Futurismo ed Anarchismo: origini di un movimento d'Avanguardia

Anarchismo e futurismo si incontrarono, si scontrarono, fecero un tratto di strada assieme, provocandosi e molestandosi, magari si persero anche, ma raccogliamo la loro storia litigiosa come ispirazione per la creazione di un futuro nuovo che vada oltre le etichette e i diktat di una società che ci vuole divisi.

L'Inganno del 25 Aprile

Serviva una data simbolo. Bisognava segnare con un paletto ben piantato nel terreno la fine della lotta al fascismo, un paletto istituzionale, calendarizzato. Si scelse il 25 aprile per fare la festa alla Liberazione. Questa è la storia di un inganno, uno dei tanti offuscati dalla propaganda di Stato, uno dei tanti con cui il popolo è stato ammansito...

Fanculo la vostra Rivoluzione Rossa: contro l'Ecocidio, verso l'Anarchia

Il collettivismo, che sia ideologicamente comunista, fascista o capitalista, non è qualcosa che serve i miei interessi come agricoltore di sussistenza indigeno e raccoglitore che vive in queste remote montagne.

Qualunque sia il dogma industriale che mi ordina di vivere la mia vita serve solo a riempire il mio cuore di dolore. Respingerò a gran voce l'idea di una società collettiva in ogni occasione, indipendentemente dalla sua alleanza ideologica. Tutta l'industria uccide tutta la vita.

Sono un anarchico. Anche l'idea di una “società” che governa il mio stile di vita mi fa un po' vomitare. I tuoi bisogni non sono i miei bisogni, non voglio andare dove il collettivo vuole portarmi...

…Voglio essere liberato dal sistema, non diventare il sistema. Il collettivo non è il mio padrone. Il collettivo è in realtà solo un altro stato, per quanto ben impacchettato.

Carl Schmitt, lettore di Bakunin

Citato più volte anche se nessuno dei suoi scritti viene menzionato, Bakunin occupa un posto particolare in alcuni dei principali testi di Carl Schmitt (Teologia politica, Dittatura, Il concetto di politica).

I temi che Schmitt sceglie di individuare in Bakunin (il satanismo, il naturalismo, la religiosità dell'autorità, il rifiuto della mediazione), se sono indice di una precisa conoscenza dell'opera del rivoluzionario russo, gli consentono anche di collocarsi in una contrapposizione a tempo debito con i teorici della controrivoluzione.

La lettura attenta che Schmitt sembra aver fatto dei testi di Bakunin non deve nascondere che nell'opera del teorico tedesco Bakunin è soprattutto una figura: quella dell'anarchico russo, il nemico per eccellenza che pretende di farla finita con la politica.

Apparentemente casuale, la convocazione di questa figura parzialmente mitica tocca un tema centrale nell'opera di Schmitt, quello della concezione della politica.

Proudhon e la cultura economica italiana degli anni '30: un corto circuito inatteso?

Ogni grande pensatore, ogni grande avvenimento è destinato a subire «l’onta della storia», che non è solo il consueto travaglio delle dinamiche crociane, secondo cui ogni Storia è sempre e solo «contemporanea».

È molto di più. È il rischio di stravolgere e interpretare in una prospettiva lontana dalla ricostruzione dalla realtà dei fatti sic et nunc, ben oltre il ragionevole diritto a letture soggettive e non assolute.

Ciò non dipende solo dal fatto che nel processo di ricostruzione storica degli eventi e in particolare nel campo delle idee sia implicito un fattore intrinseco di inesattezza – legato ai comportamenti individuali, alle circostanze concomitanti e alla stessa imprecisione lessicale – tale da giustificare e alimentare interpretazioni tra loro difformi e contrastanti.

Anarchia vs Comunalismo: Bookchin tra "Stilismo di Vita", Ideologia e Greenwashing

Il padre del comunalismo; Murray Bookchin, è stato a lungo identificato come anarchico ma più tardi nella vita ha scritto aspri attacchi contro gli anarchici. Ha in gran parte inventato uno scisma immaginario tra quelli che ha definito anarchici "lifestylist" e socialisti, denunciando questi "stilisti di vita" come inferiori a lui.

Anche se alla fine abbandonò l'anarchismo in favore della sua ideologia comunalista, questa divisione elitaria che creò tra "stile di vita" e socialismo continua a riverberarsi oggi, con alcuni social-anarchici che arrivano persino a prendere le distanze dagli aspetti individualisti dell'anarchia che ha in gran parte definito il movimento fin dall'inizio.

Questa divisione fabbricata ha aiutato molto a frammentare gli anarchici in due fazioni opposte e ha portato a inutili lotte intestine e distrazioni.

Tesi sul Marxismo di Groucho

Il Marxismo di Groucho, la teoria della rivoluzione comica, è molto più di un progetto per una lotta grossolana: come una luce rossa in una finestra, illumina l'inevitabile destino dell'umanità, la società declassata. Il groucho-marxismo è la teoria della baldoria permanente. (Stai calmo fra! Ecco, questo è un buon dogma.)