Cos’è la morale? In breve rappresenta l’insieme di valori ed atteggiamenti utili alla vita comunitaria. Ma se la vita comunitaria si basa su una morale menzognera ed innaturale imposta attraverso il giogo di un sistema politico artefatto il cui fine è la sola sopravvivenza dello stato, non implica che ciò che viene pubblicamente esposto ed esaltato come “bene” sia realmente ed oggettivamente tale.

La strategia delle etichette

Veniamo quindi continuamente condizionati dalla morale promossa dalla religione e dallo stato, che attraverso la limitazione della dualità ci impone uno stile di vita comodo a chi detiene il potere. La dicotomia diviene l’arma più potente perché attraverso di essa si crea divisione e con l’ausilio delle etichette si denigra la fazione scomoda e si eleva a positiva quella chiamata con un nome piacevole e lusinghiero per la moltitudine. Nessuno vorrà così esser considerato parte integrante del gruppo rappresentato dall’etichetta “negativa”, ma cercherà a tutti i costi di far parte della fazione socialmente accettata e promossa dalla propaganda istituzionale e canonica.

Si attua così un tragico meccanismo basato sull’ego in cui la moltitudine pur di apparire dalla “parte giusta” abbandona il vero bene, ciò che è naturale, per cedere al “bene” apparente, l’artificiosità spacciata per tale dal sistema istituzionale. La limitazione del singolo diviene un fenomeno collettivo. La divisione e l’utilizzo dell’etichetta porta alla disiunione della moltitudine che divverrà ancora più debole, priva di senso comunitario ed altruistica compassione. Rifiutati i valori puri diverrà così l’egoistica erede di una visione distorta che concederà però la possibilità dell’auto-esaltazione con l’ausilio dei mezzi istituzionali (quali morale, legge e media) che soddisferanno la volontà di apparire, la mitomania mista a superbia.

L’individualismo assoluto

Oltre alla macro-divisione prodotta tra la moltitudine con la strategia delle tichette, nel micro-cosmo interiore del singolo le coppie di contrari limitano l’atto, il suo approccio al mondo esteriore dal quale deriva come naturale riflesso la conoscenza e la consapevolezza. L’io diviene ancor più ignorante e facilmente manovrabile. Attraverso il meccanismo di esaltazione egocentrica viene attirato dalla fazione comoda allo stato e ciò lo soddisfa attraverso la possibilità di auto-proclamarsi dalla parte del “bene”. Egli non sperimenterà l’esistenza nella sua totalità, non avrà una crescita interiore completa ma cosa ancora più nefasta rifletterà tale esistenziale limitatezza nei confronti della società, la stessa che attraverso il giogo delle etichette e dei contrari limita e condanna la moltitudine scomoda, rendendola un insieme di singoli enti emarginati e ghettizzati nella propria interiorità, l’unico “luogo” dove non ci si senta inadatti e sbagliati.

Troviamo nuovamente una coppia di contrari, da una parte le persone “per bene” che vivono un’esistenza limitata imposta dal ruolo demiurgico dello stato, la cui mancanza di libertà deriva e si riflette dalla propria tirannia interiore. Dall’altra una moltitudine di singoli enti, martiri isolati, la cui libertà interiore non si riflette esteriormente per le limitazioni istituzionali imposte dallo stato con l’ausilio della maggioranza del popolo. La libertà interiore di tali divini esseri derriva dall’affrancamento del dualismo, dal suo abbattimento.

Non esiste bene e male, bianco e nero, destra e sinistra… ma il solo ente, l’io che percorre la strada della propria individualità in cerca della realizzazione. Parte fondamentale della sua crescita è l’imitazione esteriore della sua libertà interiore, l’altruistica realizzazione di una nuova età dell’oro in cui venga fatta leva sulle virtù, le stesse peculiarità che in tale contesto storico e sociale attraverso la morale istituzionale e religiosa vengono represse perché scomode. La via dell’individualismo assoluto non indica quindi un’alienazione forzata di natura negativa, ma la volontà di agire seguendo la propria consapevolezza frutto dell’esperienza diretta e della capacità critica affrancandosi da ogni forma di imposizione intellettuale ed ideologica.

La politica quale strumento di innovazione

La politica che ora funge da prigione diviene paradossalmente l’unica via di fuga, la possibilità di manifestare le virtù spirituali all’esterno attraverso l’interazione diretta con l’ambiente circostante e gli enti. Se il mostro politico ha oramai assunto una valenza strettamente negativa in che modo potrà divenire il mezzo di liberazione? Attraverso una rivitalizzazione della stessa data dal singolo ed il suo esempio.

L’apparato psico-fisico dell’essere fungendo similmente ad una antenna proietterà il suo bene (altruismo, compassione, consapevolezza… libertà!) alla massa grigia e non pensante che lo circonda, essendo così fonte di trasformazione interiore. La politica (che dalla sua forma parlamentare diverrà semplicemente un idealistico atteggiamento) non sarà più un giogo limitativo, ma la concretizzazione esteriore delle alte vette spirituali raggiunte. Ciò sarà realizzabile soltanto se per l’individuo verrà eliminata ogni dicotomia e la moltitudine, guidata dalla loro “stella del mattino” interiore (consapevolezza), riuscirà a crare una nuova visione politica strettamente personale, pratica e coerente con la natura interiore illuminata e pacata.

La chiave è insita nel “non esclusivismo” che risiede nella mancanza di ego, volontà di potere socio-politico, nell’ossessiva ricerca di opulenza e di soddisfazione sensoriale che porta alla strumentalizzazione di persone, animali e vegetali… dell’eco-sistema in tutta la sua totalità. Lo studio politico diverrà così strumento di acquisizione di conoscenza storica-pratica che spingerà l’individuo a rifiutarne la sua forma mondana e moderna, attaccando l’innaturale sistema attuale e distorto attraverso la manifestazione delle virtù.

Il non esclusivismo politico

Esso equivale a far propria una complessità ideologica che raggruppa elementi religiosi, politici e filosofici delle più disparate fazioni, anche se in piena contrapposizione tra loro. Non un semplice sincretismo forzato ma la comprensione del bene che parzialmente risiede occultato nelle profondità di ogni dottrina-movimento-pensiero, elevarlo e farlo proprio, svilupparlo e ricecarlo attraverso la curiosità intellettuale in tutte le fonti, le varie personalità storiche, i svariati movimenti con mente lucida e priva di preconcetti. Tale innovativa forma di coscienza politica non risulta una bieca imposizione dallo stato, della religione e dei suoi rappresentati ma un insieme di scelte proprie ritenute producenti dalla coscienza individuale.

Lo spirito citico sarà un altro valore di estrema importanza nel processo di abbattimento della dualità intellettuale che permetterà di considerare un dato elemento ideologico concorde con la propria visione o in caso contrario, eterodosso. Dalla capacità di comprendere ed assimilare gli elementi, in questo caso in senso politico, di più fazioni porterà al superamento delle stesse e ad un futuro privo di etichette ed identificazioni superflue, fazioni in lotta e discordia ideologica.

Nascerà così una nuova via (quella dell’individualismo assoluto), pura e più complessa di ogni altra forma di realizzazione dello spirito attraverso la politica perché nella sua semplicità vi saranno un’infinita di sfaccettature diverse il cui fine non sarà quello di imporne una sull’altra, ma la continua ricerca della veridicità delle stesse, abbattendo ogni divisione, suprematismo e xenofobia. La realizzazione del Sé interiore attraverso l’evoluzione individuale sarà il fine della società del futuro. La ricerca della perfezione interiore rifletterà l’esistenziale insoddisfazione per la tragica limitatezza che ci affligge verso l’esterno creando un nuovo sistema basato sulla continua ricerca e superamento della forma politica del momento, una creazione in eterna evoluzione. La lotta politica sarà confronto costruttivo in cui entrambe le parti ne usciranno più consapevoli. La mancanza di ego e le sue peculiarità animali porteranno la moltitudine a mettere in discussione e non considerare nulla come verità assoluta, specialmente se imposta, non ricercata e sperimenta con spirito scientifico e razionale.

Cos’è la libertà? 

Vi sono alcuni stati dell’essere indescrivibili perché troppo complessi per esser percepiti ed esposti attraverso i sensi grezzi ed il pensiero discorsivo, comprensibili soltanto attraverso la sperimentazione diretta. Non parliamo soltanto di stati estremamente complessi che sfuggono ad ogni ideazione, come ad esempio l’intuizione gnostica e l’illuminazione, ma anche di caratteristiche individuali (e non) che ci sembrano del tutto familiari, ad esempio l’esser liberi. Sappiamo realmente cosa questo voglia dire? Cos’è oggettivamente la libertà? Ma soprattutto abbiamo mai avuto la fortuna di esser realmente liberi?

Tralasciando l’esistenziale e fitta rete causale di azione-reazione in cui siamo intrappolati fin dalla nascita vi sono poi le limitazioni che l’individuo impone al suo simile, divenendo nel suo complesso meccanismo di attuazione un fenomeno collettivo. L’individualità dell’essere, l’io pensante, si ritrova a vivere in un mondo veritiero che appare stranamente mendace attraverso la visione distorta derivata da artificiali costrutti mentali che vengono imposti con la violenza psicologica quanto fisica fin dall’infanzia.

Tali demoni frutti dell’imposizione coatta si fondano (proprio come la prova della loro stessa mendacità) nella dicotomia dualistica. Le coppie dei contrari risultano essere l’arma più forte per imporre il giogo della limitazione ad un essere che nella sua innocenza non conosce ancora dualismi. Il bene ed il male, il peccato e la santità, l’azione concorde con il ben-pensare della moltitudine e l’atto eretico… solamente con l’affrancamento da tali coppie di contrari e la concretizzazione di tali presupposti, l’abbattimento della dualità e le caratteristiche animali che l’alimentano e fortificano, si potrà restituire la libertà che ogni individuo all’interno della società merita.

Cosè quindi la libertà? Avere idee proprie, manifestare la propria volontà attraverso l’agire e non ricevere imposizioni-limitazioni dall’esterno, specialmente da chi è mosso dal solo attaccamento egoistico ai frutti del proprio atto e mira al dominio spirituale, religioso e politico dell’essere.


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