Autarchia è indipendenza. Non ci si riferisce soltanto al suo significato strettamente materiale legato alla produzione ma alla sua valenza più ampia ed assoluta. In tal caso il concetto di autarchia giunge fino alle più intime profondità dell’essere coinvolgendo la totalità degli aspetti della sua esistenza.

D'altronde come potremmo mai chiamare quell’aspetto dell’individualismo assoluto che sfocia in autonomia di pensiero, sincerità intellettuale e retto filosofare?

In un contesto socio-politico in cui la maggioranza della moltitudine manca di coraggio e volontà di potenza, qual è l’ostacolo più grande alla realizzazione di una futura società aurea?

L’incapacita della stessa di indagare, confrontare, comprendere ed infine agire direttamente, coinvolgendo il suo vero Sé (oggettivo e distaccato) mettendo in disparte l’io egoistico che non porta a nient’altro che degrado e divisione all’interno della comunità.

Contesto attuale

Quello a cui stiamo assistendo è un grottesco teatrino politico, uno scenario che rasenta la più totale desolazione intellettuale. La società per come la concepiamo è ormai agli sgoccioli, degradata in ogni suo singolo aspetto. Ma paradossalmente, nonostante il periodo così ostico, traspare un’interessante possibilità: l’autarchia. L’essere umano si trova di fronte ad un bivio; crollare insieme alla società moderna (e tutti i suoi costruitti e pseudo dottrine) o prendere in mano le redini del proprio destino, elevandosi al di sopra delle rovine. Tempi difficili forgiano uomini forti e lì dove la società diviene sempre più tirannica si prospetta il naturale corso degli eventi, la sua massima decadenza per esser poi succeduta da un un nuovo ordine.

Mancanza di indipendenza filosofica

Sembra che ormai la filosofia sia soltanto l’estrapolazione di singole citazioni o eventi della vita dei filosofi per integrarle nel contesto politico attuale, alterando la loro valenza storica che andrebbe analizzata soltanto nella circostanza da cui sono state prelevate. Questa è mera strategia, il vile tentativo di giustificare e far valere le proprie pretese facendo leva sull’egocentrismo della massa e la sua scarsa conoscenza. Questa è caratterizzata dalla pigrizia, fisica come intellettuale, e se trova un modo per apparire pensante senza compiere lo sforzo del ragionare è contenta. Si ripete continuamente:

“Se lo dice il filosofo X allora è così. Se il filosofo X ha fatto questo, dobbiamo farlo anche noi”.

Se la moltitudine ragionasse concretamente comprenderebbe l’oscuro meccanismo che fa leva proprio sulla sua natura animica. Così la massa si vincola in un complesso meccanismo di servilismo in cui esprime fedeltà nei confronti di chi dall’alto della piramide promuove il “trend” politico-filosofico del momento perdendo la sana abitudine del meditare ed al tempo stesso non fa valere il suo diritto di autarchia intellettuale, ma lascia che altri riflettano dall’esterno al suo posto. Ne cade vittima anche l’intellighenzia che nel suo peccare di superbia non si sforza a comprendere le dinamiche occulte che muovono gli interessi dei mercanti di politica ma segue il pensiero filo-istituzionale facendo così il loro gioco diffondendo (e personicando) le estrapolazioni filosofiche utili agli obiettivi del momento.

La privazione dell’atto sovversivo

La mancanza di indagine filosofica porta alla scarsa consapevolezza. La moltitudine che vive afflitta dai malanni della società moderna personifica così le peculiarità dei popoli sottomessi nei più celebri romanzi distopici. Mere bestie che consumano ispirati dall’ingordigia, accrescendo l’opulenza economica dell’elite finanziaria. Mancando del processo interiore in cui il Sé esprime le proprie perplessità all’io risultano esseri vuoti mossi da pulsioni basilari. Eppure gratificano il proprio ego massaggiandolo con la possibilità di apparire intellettuali grazie alla visione istituzionale che promuove l’esaltazione del ben pensare.

Ovviamente lo stato non promuove sempre ciò che è vero e che si riflette nel bene, ma soltanto ciò che gli fa comodo. E se uno stato è pervaso dall’errore non diffonderà nient’altro che costrutti erronei. Mancando di auto-critica, come di diffidenza nei confronti dell’assolutismo istituzionale, la moltitudine si priva dell’atto sovversivo. La “semplice” curiosità ed indagine intellettuale risulta, tra tutti gli atti sovversivi, il più rivoluzionario. Essa permette l’acquisizione del vero sostrato ideologico che smuove la coscienza ad agire concretamente nel materiale alla ricerca di un nuovo ordine puro e sano.

La sindrome del salvatore

La naturale conseguenza della mancanza di autarchia intellettuale comporta la privazione di indagine, come della volontà di compiere direttamente l’eroico atto sovversivo delegando così ad altri la possibilità di attuare un cambiamento rivoluzionario. Come per l’aspetto intellettuale-filosofico in tal caso sarà sempre lo stato a diffondere le personalità politiche nei cui confronti la massa si aggrapperà. Tali personaggi, attori di una recita, non possiedono realmente la volontà di attuare le idee con cui si auto-esaltano agli occhi del pubblico. Ma gli stessi osservatori ripongono fiducia assoluta nei loro confronti, privandosi del diritto di agire aspettando un cambiamento che non arriverà mai per mano di altri. L’idolatria nei confronti dei politicanti, chiunque essi siano, ha il solo scopo di distrarre e concedere la speranza di un cambiamento sostanziale per il popolo, che non agendo attende che sia un salvatore a cambiare lo status quo.

La rivoluzione

La dinamicità del cambiamento tende soltanto verso ciò che è dannoso per la maggioranza, mentre la percentuale minore rappresentata dall’elite guadagna accumulando opulenza economica e potere politico. Mentre il popolo aspetta un cambiamento rivoluzionario, soggiace alla staticità dell’inazione. La naturale conseguenza dell’attesa comporta il non-cambiamento in quanto chi si predica al popolo come motivatore e supporter della sovversione dello stato attuale non detiene realmente la volontà di mantenere le promesse che urla di fronte al suo pubblico.

Il cosmo è tale perché ogni sua piccola parte interagisce con il tutto che lo circonda. Per tal motivo un atto apparentemente non in grado di apportare un gran cambiamento crea in realtà i presupposti per la sua attuazione. La rivoluzione parte da noi stessi, dallo sviluppo delle qualità animiche che lo stato tenta di reprimere ed eclissare. La riscoperta della curiosità intellettuale, della ricerca autonoma e priva di pregiudizio, il riflettere, meditare e filosofare porta alla ri-nascita dell’individuo. Se tutti noi seguissimo il flusso che attrae l’anima al bene, senza opposizione da parte nostra, riusciremmo a superare i meccanismi che ci legano all’ignoranza attraverso l’ego. Conoscere se stessi equivale a conoscere il cosmo e soltanto chi è a conoscenza delle verità esistenziali può attuare la rivoluzione necessaria a creare la nuova società ideale del futuro.


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