Campania : culla di civiltà, di miti, di leggende, di musica e …di esoterismo. Là dove per misteri esoterici si intende ” ciò che è nascosto ma anche che è dentro di noi e fa parte del nostro sangue e della nostra cultura”. Una Campania antica, densa di storia e di intrighi, dove il sacro si intreccia col profano e dove ogni cosa, ogni pezzo di muro, ogni albero e ogni pietra ha qualcosa da raccontare.
Per uno studioso del settore la parola Campania evoca immediatamente un’immagine e cioè il famoso triangolo oscuro che si genera tra le province di Napoli Benevento e Caserta, ancora più sottile e vibrante della famosa Torino ,da sempre ricettacolo di miti occulti e generatrice di fantasmi ma. ahimè’, tristemente legata a fatti demoniaci e a rituali inconcepibili., tipici della Magia nera.
La Campania é invece tutta bianca: la sua magia é la terra e le sue streghe o ” fattucchiare ” depositarie di un potere assolutamente benefico, di guarigione e di invocazione alle sfere celesti.
Non a caso una terra costantemente invasa, dominata e saccheggiata ma rimasta perennemente viva e libera,, a dispetto di qualunque barbarie e tirannia, ma anzi in grado di contaminare con la propria atavica cultura i suoi stessi tiranni, in una perenne lotta quasi simbolica del bene e del male.
Si pensa, anzi, che proprio la sua posizione geografica non sia un caso e che il famoso triangolo a cui ho poco fa accennato sia in realtà un baluardo di difesa nei confronti di Forze maligne che vengono dall’Italia del nord. Una visione di parte? Non direi.
Se ne esaminiamo con cura i dettagli storici , architettonici e sociologici finiremo col renderci conto che essa è davvero un rifugio e un’occasione di rinascita, a dispetto di pregiudizi antichi che la relegano invece a popolo di serie B in costante fuga da una vissuto di impegno e di costruzione.
Benché diverse per genealogia e radici storiche, i popoli campani hanno avuto sempre un punto in comune: una forte devozione per la conoscenza e la conquista di un sapere che spesso travalicava le leggi umane. Popoli bellicosi che tuttavia si arrestavano davanti all’ignoto, e attraverso le proprie donne, depositarie di un potere assolutamente rurale ma il cui dono veniva concesso dall’Alto,ne oltrepassavano i confini.
Le streghe, le guaritrici, le possedute, le sciamane sono certo presenti in ogni tempo e in ogni cultura ma la Campania, e particolarmente le tre province del triangolo, le hanno assorbite tutte mischiandole a saperi che venivano dall’oriente e a riti nati nelle viscere della stessa terra. Le donne Campane con la loro espressività animale si sono mantenute libere e lo stesso ruolo femminile , perfino in secoli bui e di oppressione, non fu mai sottoposto o subordinato ma anzi elevato a vette inimagginabili di devozione e rispetto.
La fattucchiara, la janara, la strega erano in definitiva donne libere ,in grado di parlare con l’aldilà e interpretare misteri che solo alla femmina, nel cui grembo si sviluppa il bambino, era data facoltà di penetrare.Perfino sotto l’inquisizione, che pure è arrivata a a Benevento, perfino sotto le torture di Autorità falsamente ammantate di spiritualità questo potere non solo ha resistito ma anzi si è accresciuto, mietendo proseliti proprio nell’Arte e nella letteratura.
Napoli ha resistito più di tutte: unica città al mondo che MAI permise all’Inquisizione di mettervi piede, e il cui popolo lottò e vinse per tenerne lontano da se’ il malefico potere. Napoli bianca, Napoli dotata di una forza soprannaturale, Napoli esoterica.
Incisiva e emblematica l’iscrizione sulla LAPIDE posta all’ingresso del Museo di S.Martino (NA) che così ricorda quel momento:
” Ai popolani di Napoli, che nelle tre oneste giornate di luglio MDXLVII 1547) laceri, malearmati e soli d’Italia francamente pugnando nelle vie dalle case contra le migliori bande di Europa, tennero da se’ lontano l’obbrobrio della INQUISIZIONE SPAGNUOLA imposta da un Imperatore fiammingo e da un Papa Italiano, e provarono anche una volta ( più di ) che IL SERVAGGIO E’ MALE VOLONTARIO DI POPOLO ED E’ COLPA DEI SERVI PIU’ CHE DEI PADRONI .”
Vivere in Campania è come vivere in una leggenda: camminare per le strade dei paesi è come leggere un libro, soprattutto se si attraversano i centri storici, cioè quelle zone dove a dispetto del tempo tutto è rimasto uguale e le culture che ci hanno preceduto inglobate negli edifici nuovi, senza abbatterle o sradicarle ma semplicemente costruendoci sopra e intorno. Qui , dove il tempo si è fermato, trovi le mura e le fontane e le chiese del passato, e la simbologia occulta di Misteri mai scomparsi e sempre vivi nella coscienza popolare.
Iniziare un viaggio esoterico in Campania è iniziare dal culto dei morti; poiché essi da sempre rappresentano un ponte di comunicazione tra la terra e il cielo e, lungi dall’indicare la fine della vita, ne anticipano un’altra ben più importante. Ci sono paesi nel mondo in cui si crede fortemente, poiché lo si è toccato con mano, che talvolta i morti tornino a parlare coi vivi e che si mescolino a loro, divenendo difficile perfino distinguerli. Non è raro trovare ancora adesso famiglie in cui si prepara il pasto anche al defunto, o che si mantenga la sua stanza così come egli l’ha lasciata e non si tocchino le sue cose, affinché egli possa ritrovarle quando deciderà di fare visita ai parenti rimasti.
In Campania e’ così: e se avete interesse di inziare questo viaggio con me vi renderete conto di quanto piccolo possa essere il presente e quanto misere le nostre passioni, a paragone dell’affascinante universo esoterico che ci circonda.
Il primo passo per uno scettico, o semplicemente un profano, è addentrarsi nelle pie catacombe di Napoli: quelle per intenderci che i Napoletani hanno scavato per secoli per estrarne il Tufo e utilizzarlo per costruirci le case.
Quelle che poi sono diventate un posto economico e veloce di interramento dei defunti ( tanti, tanti!) durante le pestilenze e le guerre e tutti quei disastri umani che non lasciavano tempo di provvedere a normali sepolture. I morti venivano quindi ammassati lì e solo chi era ricco veniva poi prelevato e portato nella cappella di famiglia: tutti gli altri rimanevano in quei luoghi fetidi e oscuri, in enormi mucchi che riempivano le immani caverne .E lì si decomponevano e marcivano, nascosti nelle viscere della terra che era insieme tomba e madre protettrice.
Il luogo più famoso ma non il più antico di questa sepoltura , specchio del culto dei morti Napoletano, è il cosiddetto ” CIMITERO DELLE FONTANELLE “, che si trova nell’omonimo quartiere adiacente a San Gennaro fuori le mura chiamato anche, non a caso, San Gennaro dei poveri. Esso prende il nome dalle abbondanti sorgenti e dall’acqua che sgorga appunto dalle sue fontanelle. E per un paese in cui spesso c’era penuria d’acqua questo luogo ha assunto immediatamente un significato fondamentale di vita e di spiritualità. E’ interessante infatti notare quanto l’accoppiata morte e acqua, trapassato e sorgente contenga in sé significati profondi e ancestrali.
Proprio al di sopra del cimitero sorge una piccola e anonima chiesa dedicata a SANTA MARIA DEL CARMINE e da lì si scende in un piccolo portico zeppo di mendicanti e ambulanti. Poi una visione sconcertante: a differenza di tanti altri luoghi simili a questo, in due larghe gallerie si ammassano a migliaia teschi e altri resti umani, illuminati da migliaia e migliaia di lumicini. Sulle pareti bianche si stagliano croci nere; e in quest’atmosfera crepuscolare, dove i bianchi testi sembrano vivi, le figure dei viventi galleggiano come ombre, apparendo più astratte dei trapassati stessi. Questa folla silenziosa si mantiene da secoli custode dei morti, poiché ognuna di queste persone, per tradizione e per devozione, ha ” adottato ” uno di questi teschi accollandosi l’onere di ripulirlo, mantenerlo dignitosamente e non fargli mai mancare preghiere e il ” lumino “, anch’essa silente preghiera. Questi morti abbandonati, i ” pezzentelli “, trovano così una famiglia acquisita che in questo mondo li accudisce mentre il trapassato, dall’altra vita si preoccupa di intercedere per essa.
A volte le preghiere per i trapassati sono affidate a una donna, che praticamente ” alloggia ” nel cimitero e che, dietro un modesto compenso , dice le ” parole giuste”, quelle che si tramandano da generazioni e che sembrano essere state dettate dagli Angeli . Molto più spesso, però’, al posto della figura femminile troviamo un’altra figura , singolare e anch’essa rappresentativa di una realtà misterica più antica e profonda di ciò che può evocare un tale rito. Troviamo un ” femminiello “, un essere nato uomo in un animo da donna, e quindi portatore di una doppia sessualità che ben si accorda col dualismo animico.
Meglio di altri il femminiello si avvicina ad una dimensione ultraterrena in quanto reca in sé un’esperienza sofferta , talvolta martirizzante, e quindi monda da peccati. In effetti a Napoli il Femminiello, retaggio dell’Eunuco Turco o Arabo, è di per sé una figura antica. Scacciato dalle maggiori civiltà, che lo ritenevano immondo e sporco, l’omosessuale o il trans veniva deriso e allontanato da una folla urlante che lo cospargeva di semi di finocchio, considerato pianta purificatrice che allontanava il male: da cui la parola ” finocchio ” per indicare tale figura. Napoli, invece, lo ha sempre accolto e proprio sulle basi di una visione archetipica e libera da pregiudizi , affidandogli infine il sacro compito di ” sacerdote dei morti “.
Si crede che alcuni di questi teschi possano predire il futuro: a volte cambiano colore, a volte invece sembra che sudino! E” famoso quello del ” CAPITANO ” ; mi piace pensare che si tratti di un vero e proprio lupo di mare con tanto di sciabola, anch’esso perduto in quell’oceano di anime. Ma c’è chi dice che fosse un semplice Capitano di ventura, per giunta Spagnolo, che venne a Napoli e vi fece una fine ingrata. Comunque sia c’è la fila per interrogarlo. Se, posta la domanda, esso diventa lattiginoso e opalescente la risposta è sicuramente positiva.
E a fare la fila trovi mischiati poveri e ricchi, ignoranti e intellettuali, a dimostrazione piena di un effettivo abbattimento di quelle barriere culturali e sociali che persistono solo nel mondo dei vivi e che sono caratteristica costante del calore squisitamente Napoletano.