La Zooantropologia è la disciplina che studia la relazione tra l’uomo e le altre specie. Ma detto così, non è abbastanza, perché in realtà essa mette in luce alcuni aspetti che molto spesso vengono ignorati e che sono fondanti per la sua reale comprensione.

Innanzitutto va contro la banalizzazione delle altre specie, l’uomo si relaziona spesso con le altre specie classificandole come opzionabili e non fondamentali.

Nessuno mette in dubbio che la relazione sociale dei bambini fra loro sia fondamentale, idem nello sport. Nel rapporto con gli animali invece c’è la tendenza a pensare che non sia fondamentale, ma al massimo accessoria e ininfluente da un punto di vista formativo. Stiamo parlando di antropocentrismo, ma in questo caso non stiamo parlando da un punto di vista etico: in questo caso lo facciamo dal punto di vista dell’identità, dell’ontologia.

Roberto Marchesini è professore ed etologo, studioso di scienze cognitive, medico veterinario fondatore della Zooantropologia e della Scuola Interazione Uomo Animale (nata nel 1996). Ho letto diversi suoi saggi prima di conoscerlo e ospitarlo come conferenziere con un’associazione davvero lungimirante sul territorio con cui collaboro, ultimamente ho avuto la fortuna di partecipare ad un suo intervento in video conferenza dal quale ho tratto riflessioni utili a chiarire quelli che secondo me sono i postulati di una visione oggettiva del nostro rapporto con gli animali di altre specie.

L’essere umano pensa di essere autonomo, autarchico, crede in maniera arrogante di sentirsi autosufficiente e di non sentire alcun debito nei confronti delle altre specie. Questo atteggiamento ha portato ad una pericolosa quanto diffusa banalizzazione degli animali, “li teniamo perché siamo buoni”, perché possiamo accarezzarli e trasformarli in surrogati di affetti perduti. Non perché la relazione con gli animali sia invece costitutiva dell’essere umano.

La visione individualista e consumistica ha creato l’individuo come totalmente isolato dal mondo esterno. Se paragoniamo la società urbana con quella rurale, vediamo subito questa presa di distanza dell’individuo dalle relazioni. Oggi molte persone non vivono le relazioni, ma le vedono come oggetti da usare e poi buttare. Il concetto di legame e di debito relazionale è molto importante per capire di cosa parliamo: io sono quello che sono grazie a chi ho incontrato, grazie a tutte quelle entità relazionali che hanno lasciato tracce indimenticabili nella mia formazione. Animali inclusi, io sono una entità relazionale: nella mia identità sento ancora quel calore e quel vissuto che mi ha lasciato il mio primo animale ad esempio, gli autori mai incontrati se non attraverso i libri letti, la musica di compositori impressa nei dischi, le immagini dei pittori che hanno visto con gli occhi della bellezza e ce l’hanno trasmessa.

I rapporti tra interumani sono per noi importanti, quelli con gli animali vengono troppo spesso visti come prodotti o pet (compagnia, affezione). La Zooantropologia mette in discussione tutto questo: l‘identità umana è il frutto anche della relazione con le altre specie. Sono loro che ci hanno influenzato in maniera profonda durante il percorso nella storia dell’umanità.

L’umanesimo vede l’uomo come entità che prende congedo dalla natura e si distacca dalla natura, aggiungiamo che nello stesso tempo oggi l’essere umano è realmente pervaso da una visione consumistica della relazione con gli altri, il tutto peggiorato dal mondo dei social che spingono in tal senso, che trasforma le relazioni in consumo. Un consumo sempre più superficiale e sempre più veloce.

La Zooantropologia ribadisce l’importanza della relazione con le altre specie superando il pietismo e la banalizzazione, tipiche di troppa cultura zoofila basata appunto sulla visione degli animali soltanto come esseri da proteggere e non da valorizzare: l’altra faccia della medaglia è la visione di coloro che vedono l’animale come entità da sfruttare, come un prodotto.

Si devono quindi superare entrambe le visioni: quella tecnica che vede l’animale come prodotto e quella pietistica che lo vede come animale da proteggere. in questo caso molto simile a come oggi l’anziano non viene più visto come plusvalenza alla base delle tradizioni. Noi siamo entità relazionali, cellule di un organismo che necessitano di confrontarsi con tutti i referenti che ci stanno intorno: culture differenti, anziani, bambini, animali. Facciamoci una domanda: cosa significa una società dove le relazioni con gli animali vengono perdute? E’ una società che perde gran parte dell’immaginario, della fantasia, dell’empatia. Perdendo il rapporto con gli animali perdiamo noi stessi.

Il passaggio della zooantropologia non è solo la relazione con gli animali (questa c’è anche tra gli allevatori peraltro), importante per l’essere umano è relazionarsi con le atre specie, stiamo parlando di ‘dare una cittadinanza alle altre specie’ (testuali parole di Roberto Marchesini). E non lasciarle come entità che non hanno a che fare con quelle che sono le relazioni fondative. E’ chiaro che l’approccio zooantropologico è complesso da capire al primo approccio, ma non per questo deve essere visto come un vezzo da filosofi da giardino: basti pensare alla danza, alla musica, alla moda. Sono sorte come tendenza umana a modificare tutto questo in seguito ad una relazione contaminante fra una popolazione ed una specie (ecco che un rituale di corteggiamento diventa una danza, e come l’osservazione degli uccelli provoca nell’uomo una riflessione dalla quale questi ne ricava la dimensione eterea del volo – ad esempio).

La specie Homo sapiens non prende in considerazione il fatto che in natura quelle che spesso ritiene sue proprie capacità, invenzioni o creazioni siano ormai testate da millenni, risultando a tratti addirittura scontate. Dalle primitive tecniche di caccia, alla costruzione di macchinari per viaggiare per cieli e per mari l’uomo è partito dall’osservazione e dallo studio delle altre specie animali. Non si intende qui negare o annullare i predicati risultanti da processi antropopoietici, ma semmai aprire la mente con chiavi di lettura alternative per comprendere che la dimensione umana non è un contenitore ermetico, ma è influenzata e impregnata di alterità.

“L’uomo da sempre rimane affascinato dal mondo animale, ma spesso si dimentica o non ammette le numerose somiglianze con esso; si parla di zootropia, ossia la tendenza umana ad ammirare e studiare tutto ciò che è zoomorfo.”

Marchesini azzarda una definizione audace che personalmente amo e condivido quando parla di uno ‘sciamanesimo post-moderno’: come nello sciamanesimo classico si doveva trovare l’animale guida che accompagnava il cambiamento dell’uomo, in quello post-moderno oggi dobbiamo ritrovare il rapporto relazionale con gli animali come elemento fondativo della nostra identità. Questo richiede una trasformazione profonda delle persone, un cambiamento culturale sostanziale del punto di vista umano, da antropocentrico a zooantropologico: una sfida che dobbiamo accettare, se vogliamo realmente comprendere il nostro rapporto con il mondo che ci ospita.


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