La Repubblica di Cospaia (Republica de' Cošpäja in altotiberino umbro) fu un microstato indipendente esistito dal 1441 al 1826 a causa di un errore nel tracciamento dei confini fra lo Stato Pontificio e la Repubblica di Firenze (poi Granducato di Toscana). Oggi il paese di Cospaia è una frazione del comune di San Giustino, in provincia di Perugia.

Tutto iniziò per via di un errore!

Il borgo di Cospaia ottenne, inaspettatamente, l'indipendenza nel febbraio 1441, quando papa Eugenio IV, impegnato nel conflitto con il concilio di Basilea, cedette il territorio di Sansepolcro alla repubblica di Firenze. Per errore, nella designazione del confine, una piccola striscia di terreno non venne inclusa nel trattato che delimitava le frontiere, e i residenti indigeni dichiararono prontamente di non essere sottomessi ad alcuna autorità.

L'equivoco nacque dal fatto che, a circa 500 metri dal torrente che doveva stabilire la demarcazione (chiamato semplicemente "Rio"), esisteva un omonimo corso d'acqua. I delegati della repubblica fiorentina considerarono come nuova delimitazione il "Rio" che si trova più a nord, i delegati dello Stato della Chiesa, invece, quello più a sud. Si costituì così una sorta di terra nullius i cui abitanti si autoproclamarono indipendenti. Nel 1484 la sua autonomia venne formalmente riconosciuta.

La repubblica, come forma di governo, era estremamente rara prima della rivoluzione francese, e raramente avevano struttura democratica come quelle moderne: esistevano le repubbliche marinare (con istituzioni aristocratiche), la repubblica di San Marino e la presunta repubblica di Senarica (in Abruzzo), con un doge come a Venezia, ma la sua reale esistenza non è stata storicamente provata con opportuna documentazione.

I cospaiesi, pertanto, preferirono basare la loro indipendenza sulla libertà totale degli abitanti, detentori tutti della sovranità, non affidata a nessun organo di potere, a differenza di altri Stati. Negli oltre tre secoli della sua esistenza, la Repubblica di Cospaia (1441-1826) ebbe anche un proprio vessillo, semplice quanto elegante, che si componeva di un campo nero e un campo bianco tagliati diagonalmente. Ad esso si abbinava uno stemma, raffigurante il borgo racchiuso fra i suoi due torrenti, e il motto "Perpetua et firma libertas", con due pesci sulla destra e la pianta di Nicotiana tabacum a sinistra, sopra era riportato il motto e gli anni di durata della repubblica.

I cospaiesi non avevano, dunque, obblighi tributari con lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana, e le merci che transitavano nel territorio non erano soggette ad alcun dazio; era perciò una zona franca e cuscinetto. Sebbene Cospaia si estendesse su appena 330 ettari (2 chilometri di lunghezza per circa 500 metri di larghezza), i 250 abitanti fecero tesoro della situazione e ne approfittarono per incrementare, fra i primi nella penisola italiana, la coltivazione del tabacco. Ancora adesso, alcune varietà di tabacco vengono definite con il nome di cospaia.

Precursori dell'Anarchismo Libertario

La repubblica di Cospaia non aveva esercito né carceri. A capo dell'amministrazione, per motivi meramente esecutivi, vi era il Consiglio degli Anziani e Capi famiglia, che si riuniva nella chiesa dell'Annunziata (dal 1718 al 1826), sede dell'omonima confraternita (1613): sull'architrave del suo portone si può ancora leggere l'unica norma scritta del minuscolo Stato, "Perpetua et firma libertas", ovvero Perpetua e sicura (ferma) libertà. Alle sedute del Consiglio degli Anziani partecipavano, altresì, il curato di San Lorenzo, in qualità di "presidente" (forse perché l'unica persona non analfabeta), carica condivisa con un membro della famiglia Valenti, la più importante del paese (quando la riunione si teneva nella loro casa, fino al 1718). La menzionata frase latina era anche incisa sulla campana parrocchiale.

Dopo diversi secoli di esistenza, Cospaia si ridusse però a un mero ricettacolo di contrabbandieri. Il concetto di libertà si era un po' appannato a favore dei suoi privilegi, che attiravano persone di tutti i tipi, per motivi economici o per sfuggire alla giustizia dei due grandi Stati adiacenti. Tale situazione non era insolita negli staterelli, soprattutto in quelli "di confine".

Declino e fine della Repubblica

La libertà che così bene i cospaiesi avevano gestito per quasi 400 anni dava ormai decisamente fastidio: né il Papa Leone XII, né il granduca di Toscana Leopoldo II potevano tollerare oltre quello stato-cuscinetto che non faceva più comodo a nessuno.

Dopo la parentesi napoleonica, il 26 giugno 1826, con un atto di sottomissione da parte di quattordici rappresentanti della repubblica, essa entrò a far parte dello Stato della Chiesa: ogni cospaiese, come "risarcimento", ottenne una moneta d'argento (il "papetto", in quanto raffigurante il pontefice regnante Leone XII) e l'autorizzazione a continuare la tabacchicoltura, che proseguì anche grazie a finanziamenti di ricchi possidenti locali (i Collacchioni ed i Giovagnoli che acquistarono gran parte del territorio contenuto entro i confini della ex repubblica e vi costruirono una villa da adibire a residenza estiva), che la estesero poi a tutta la vallata, imponendola come principale.

Cospaia oggi

Di Cospaia oggi non si parla quasi più, non c’è posto sui libri di storia per una vicenda tanto minuta e circoscritta. Un oblio forzato e voluto, secondo i cospaiesi, che nel 1998 hanno dato vita a una singolare protesta: un gruppo di ardimentosi ha occupato il campanile e proclamato la restaurazione della repubblica, senza però sortire alcun effetto.

Ad ogni modo la repubblica viene festeggiata e ricordata regolarmente nella frazione di San Giustino, dove ogni ultimo week-end di giugno si svolge una manifestazione che rievoca i fasti di quella che fu ai suoi tempi la più piccola repubblica del mondo. Per due giorni l’anno per le sue strade torna a riecheggiare il motto che fu dei repubblicani cospaiesi, scolpito sulla chiesa della Confraternita dell’Annunziata nel 1613: “perpetua et firma libertas”.

Si consiglia la visita del sito dell'associazione proloco www.repubblicadicospaia.it.


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A partire dal 1869 emersero le polemiche politiche e di principio dell’ala anarchica, guidata da Proudhon e soprattutto da Bakunin, contrari alla gestione centralistica dell'associazione e all’indirizzo di costituire partiti socialisti in tutti i paesi. Il dibattito sulla sconfitta della Comune di Parigi provocò la rottura tra le due tendenze e gli anarchici furono espulsi dall’associazione.

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Il pane e altri prodotti industriali ci alienano dal nostro ecosistema e ci fanno smettere di preoccuparci di come viene prodotto il nostro cibo, purché sia ​​lì nel negozio quando vogliamo mangiarlo.

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Errico Malatesta - Contro la Dittatura del Proletariato (30 Luglio 1919)

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Il Femminismo come Fascismo

Come sottolinea il titolo di un classico dell'infanzia, Pigs is Pigs - e questo indipendentemente dalla forma dei loro genitali. Ilse Koch era una nazista, non una "sorella". L'amore non è odio, la guerra non è pace, la libertà non è schiavitù e il rogo di libri non è liberatorio. Gli antiautoritari che vorrebbero essere rivoluzionari affrontano molte questioni difficili. Prima, però, dovrebbero rispondere correttamente a quelle facili.

Iperbole e metafora a parte, quello che passa per “femminismo radicale” è fascismo. Promuove lo sciovinismo, la censura, il maternalismo, la pseudo-antropologia, il capro espiatorio, l'identificazione mistica con la natura, la religiosità pseudo-pagana ingannata, l'uniformità forzata del pensiero e persino l'apparenza (in alcuni ambienti, Hera aiuta la femminista ectomorfa o "femminile"!).

Ecco tutta la teoria e troppa pratica che dovremmo essere tutti in grado di riconoscere ormai.

Una minacciosa continuità tattica con il fascismo classico, inoltre, è la complementarità tra metodi di repressione privatista e statalista.

Critica Individualista Anarchica alla Modernità

L’era moderna ha avuto la capacità di opporre al pensiero dominante una stupida antitesi hegeliana che altro non è che il pensiero dominante capovolto, tutto questo ha facilitato la vittoria e il rafforzamento del dominio.