L'idea di rimodellare il mondo e l'umanità, in virtù di una sfida non solo ecologica, ma economica, politica e sociale, ripensando al concetto di comunità e soprattutto di piccola patria ("small is better" direbbero gli inglesi o, meglio ancora, "less is more") è un'idea che, volenti o nolenti, terrà banco nel futuro prossimo.

Questo non solo perché è necessario lanciare un guanto di sfida al globalismo, che con le sue contraddizioni (proprio come avvenne con gli stati nazionali nell'800) dimostra la sua fallibilità sotto il profilo naturale ed etico, ma perché si palesa sempre più la necessità di riscoprire identità e bisogni collettivi che vanno nella direzione di preservare le particolarità che sono la ricchezza della natura umana. 

Per troppo tempo, in anni recenti, si è lasciato che le tematiche identitarie e comunitarie venissero strumentalizzate da fazioni politiche che portano avanti una visione del mondo ottocentesca, hegeliana, iper-statalista da una parte. Mentre, dall'altra, quelle sociali (pensiamo al mutualismo e alla lotta di classe) da chi ha completamente tradito i propri valori per sposare quelli del capitalismo globale, della new economy e della precarizzazione dei ceti medi e bassi. Destra e sinistra, sempre che abbia ancora senso parlare di essi, sono realtà ormai in via di estinzione, che non hanno niente da dire e del tutto scollate dalla realtà. Vani sono i tentativi da parte di chi s'inventa narrazioni "sovraniste" per tenere vivi valori che sono ormai superati e consegnati ai musei della storia. 

In mezzo a tutto questo occorre fare breccia con nuove tesi e nuove visioni. Ed è qui che si inserisce il comunitarismo libertario.

Essere anarchici e tribalisti, io credo, significhi prima di tutto avere una visione di libertà che parte dall'individuo, in totale armonia con i propri simili e con la natura. 

In secondo luogo, come i principi hanno sempre insegnato, identificare una visione comune e sulla base di essa fondare nuovi gruppi, nuove comunità e nuovi vincoli: umani, filosofici e spirituali. 

Ma in cima a tutto questo c'è l'Anarchismo. L'ideale vincente di libertà. Il bisogno di svincolarsi da ogni forma di potere sovrano per giungere a una società orizzontale. 

Se ha senso, oggi, dirsi comunitari, lo è prima di tutto perché è importante dirsi anarchici. E che cosa vuol dire, nel 2021, essere anarchici? Quale anarchia? 

Io non credo di avere una risposta univoca e definitiva a questa domanda, ma posso esprimere una mia opinione e spiegare cosa è per me l'anarchismo, oggi. 

Lo vedo come una prassi più che come un'ideologia. Non un movimento, non un gruppo o un fronte. Ma un modo di intendere la vita. Una vita libera, fuori dagli schemi, che abbraccia la filosofia, la storia, l'arte e il bisogno di liberazione dai cliché piuttosto che una formæmentis politicizzata.

Occorre, quindi, fare un discorso meta-politico e assolutamente non politico. L'anarchismo inteso come meta e non come punto di partenza. L'approdo verso cui gli individui devono giungere per liberare se stessi e i propri simili da forme di potere vincolante ed oppressivo. Che a mio modo di vedere non è solo lo Stato, hegelianamente inteso, ma anche la Società - e qui serve menzionare l'importanza di un pensiero esplosivo come fu quello dello Stirner dell'associazione degli 'unici', che porterà ad un'idea di federalismo associativo post individualistico che nulla a che fare con quello di stampo leghista, piuttosto basato su una concezione di unità tra valori comuni, ma preservando le singolarità di ognuno - il lavoro e tutte le sovrastrutture che conducono gli uomini all'alienazione. Oppure serve menzionare il pensiero comunalista e associativo di Proudhon, quello municipalista di Bookchin, passando per gli utopisti del socialismo, come i falansteri di Fourier. 

Insomma, il pantheon culturale a cui i libertari possono attingere è davvero ricco ed ampio e ognuno potrà trovare gli spunti che meglio rappresentano la sua natura e le sue inclinazioni. 

A livello personale, non faccio tesoro di nutrire un profondo amore per le suggestioni e, talvolta, le contraddizioni apparenti, che dadaisticamente, ci fanno emozionare e ci fanno sentire degli artisti del pensiero; penso ad esempio all'anarco-monarchismo e al micro-nazionalismo, con la loro carica dadaistica e provocatoria, ci portano in mondi abitati da piccole nazioni e sovrani autoproclamati che immaginano soluzioni alternative all'esistente basate sul libero gioco e sulla fantasia al potere. 

In tutto questo, un esempio meta-storico che non si può non citare, è la dannunziana impresa di Fiume che vede affermarsi un poeta-soldato, fedele ad una visione patriottica, ma fortemente ispirato da istanze di liberazione della creatività e fondatore di una visione del mondo fuori dalle logiche del capitalismo predatorio e di sottomissione alle potenze militari del tempo, postulare l'idea di una città-stato sul modello della polìs greca, una repubblica retta da poeti ed artisti, in totale scollamento dalla realtà dell'ordinario a cui l'umanità è abituata da secoli. 

Il progetto di una rete di Libere Comunità può partire da queste analisi e da questa progettualità. Guardando al futuro, ripensando il presente e senza snobbare il passato. 

Ricordando che il faro, la luce che ci illumina è sempre l'immensa fiaccola dell'Anarchia. 

E della libertà.

 


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