Noto soprattutto per essere stato il pioniere del movimento per i diritti degli animali, di cui è tuttora uno degli attivisti più influenti, Singer può essere considerato uno dei pensatori contemporanei più importanti nel campo dell'etica e con le sue tesi, sempre polemiche e al centro di dibattiti, ha incrinato le certezze morali dell'uomo occidentale, mettendo pericolosamente in crisi la "morale tradizionale", cioè quella della "sacralità della vita".

Il suo testo più famoso è Animal Liberation (1975), in cui ha esposto le sue tesi contro lo specismo, termine coniato da Richard Ryder sul calco di razzismo e sessismo per riferirsi alla minore considerazione attribuita dagli esseri umani, sul piano morale, alle altre specie animali.

Prima degli anni ottanta, nei vocabolari di lingua italiana, alla voce "animalista" si leggeva soltanto «chi dipinge e scolpisce soggetti animali». Ma già dagli anni settanta il termine aveva assunto un significato più rivolto al rapporto uomo/animali. Il significato attuale, ancorché non completamente definito, è quello di un generale atteggiamento e comportamento a difesa degli animali e dei loro diritti rispetto ai comportamenti umani diretti e indiretti (caccia, sperimentazione animale, uccisione per ricavarne la pelliccia, impiego nei circhi, ecc; ma anche il generale intervento sull'ambiente e sull'ecosistema che può provocare danni agli animali).

I movimenti animalisti più radicali richiedono l'adesione ad un insieme di teorie ed atteggiamenti volti ad ottenere il riconoscimento degli obblighi morali di ogni essere umano nei confronti degli animali ed il superamento dello specismo (cioè della convinzione che le regole etiche si applichino solo all'uomo e non alle altre specie).

Animal Liberation è un saggio del filosofo australiano Peter Singer, pubblicato nel 1975 e considerato uno dei testi fondamentali dell'animalismo.

L'autore – che non manca di descrivere gli orrori della sperimentazione animale e degli allevamenti intensivi – argomenta in favore dei diritti animali sulla base delle tematiche filosofiche dell'utilitarismo e dell'antispecismo, proponendo al lettore la scelta vegetariana (o ancor meglio vegan) quale «passo» etico fondamentale, concretamente diretto alla riduzione del mercato (cioè della domanda e quindi dell'offerta) della carne:

«Diventare vegetariano non è meramente un gesto simbolico. Non è neanche il tentativo di isolarsi dalle sgradevoli realtà del mondo, di mantenersi puro e senza responsabilità per la crudeltà e per la carneficina che ci circondano. Diventare vegetariano è il passo più concreto ed efficace che si può compiere per porre fine tanto all'inflizione di sofferenze agli animali non umani, quanto alla loro uccisione.»

(Peter Singer, Animal Liberation)

Filosofia morale

L'antispecismo

La filosofia morale di Singer, ateo, è di stampo consequenzialista ed è impostata come una forma di utilitarismo, secondo la quale l'azione moralmente giusta è quella che massimizza la soddisfazione delle preferenze del maggior numero di esseri senzienti; in tale categoria Singer include anche gli animali dotati, al pari della specie umana, della capacità di soffrire e, quindi, della preferenza a non soffrire.

Secondo Singer, la differenza di specie quindi non è in sé una differenza moralmente rilevante, sebbene possa esserlo indirettamente nella misura in cui si traduce in una differenza di preferenze o nell'intensità delle stesse. Considerare la differenza di specie come moralmente rilevante in sé è quindi una forma di indebito pregiudizio al pari del razzismo o del sessismo, in cui si considerano differenze moralmente neutre, come la razza o il genere sessuale, come fondanti differenze di trattamento o di considerazione morale.

Altri temi morali

Le sue riflessioni non si fermano, però, ai diritti degli animali, ma abbracciano ampie problematiche nel campo dell'etica e in particolare dell'etica applicata: dal rispetto per l'ambiente all'etica politica, dalla squilibrata distribuzione della ricchezza alla responsabilità dei paesi ricchi verso il Terzo mondo, fino agli scottanti temi di etica biomedica come l'aborto, l'eutanasia e la ricerca che coinvolge la sperimentazione animale. Tra le sue tesi che hanno fatto più discutere vi è la "Tesi della sostituibilità" ("Replaceability argument"), in cui Singer sostiene l'eutanasia neonatale in caso di grave disabilità del bambino, affermando che è preferibile sopprimere un bambino malato in fase neonatale e sostituirlo con un "nuovo progetto creativo", piuttosto che lasciarlo morire privandolo di ogni "sostegno vitale", come avviene nel caso della nascita di bambini anencefalici, i quali sono destinati a morte certa in breve tempo. Questo supporto all'infanticidio di bambini disabili ha portato alcuni attivisti a chiedere, tramite una petizione, le dimissioni di Singer.

I quattro assiomi del pensiero di Singer

Le sue tesi derivano principalmente da quattro premesse:

  1. Il dolore, inteso come qualsiasi tipo di sofferenza fisica o psicologica, è negativo a prescindere da chi lo provi.
  2. La specie umana non è l'unica in grado di provare sofferenza o dolore. Ed è innegabile che ciò succede anche a tutti gli animali di specie non umana, molti dei quali sono in grado di provare anche forme di sofferenza che vanno al di là di quella fisica (l'angoscia di una madre separata dai suoi piccoli, la noia dell'essere rinchiusi in una gabbia senza aver nulla da fare). È proprio questo che ci rende uguali agli animali non-umani e che porta a ritenere la sperimentazione scientifica sugli animali e il consumo di carne atti ingiustificabili, dettati unicamente dalla nostra concezione specista, profondamente radicata nella civiltà occidentale odierna.
  3. Nel soppesare la gravità dell'atto di togliere una vita, bisogna prescindere da specie, razza e sesso, ma guardare ad altre caratteristiche dell'essere che verrebbe ucciso, come il suo desiderio di continuare o meno a vivere, la qualità della vita che sarebbe in grado di condurre, ecc.
  4. Tutti noi non siamo responsabili solo di quello che facciamo, ma anche di quello che avremmo potuto impedire o che abbiamo deciso di non fare.

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