Seguendo le linee del filosofo norvegese Arne Næss nella sua formulazione di "Deep Ecology" (Ecologia Profonda), l'Attivismo Profondo sarebbe quello che affonda le sue radici e motivazioni nelle esperienze profonde della persona. Si tratterebbe, quindi, di un attivismo fondato non solo sugli aspetti razionali ed etici dell'azione sociale, politica o ambientale, ma anche sugli aspetti affettivi, estetici e di coscienza.

Næss basa il suo approccio su una progressiva identificazione del sé con gruppi o totalità più ampi all'interno del mondo naturale, culminando in una profonda identificazione con tutta la vita in natura. Ciò presuppone, secondo lui, un crescente processo di realizzazione del Sé, inteso come «'l'io universale', 'l'assoluto', 'l'atman', ecc».

Si parlerebbe, quindi, di un attivismo basato sulla coscienza, un attivismo transpersonale; anche “spirituale” o “sacro” se vogliamo. È, quindi, un attivismo che emerge da una profonda empatia, da una profonda compassione per tutti gli esseri; non solo gli esseri umani, ma tutti gli esseri appartenenti a quella che la Carta della Terra chiama la Comunità della Vita Terrestre.

Arne Dekke Eide Næss (27 gennaio 1912 - 12 gennaio 2009) è stato il filosofo norvegese che ha coniato il termine "ecologia profonda", un'importante figura intellettuale e ispiratrice all'interno del movimento ambientalista del tardo ventesimo secolo e scrittore prolifico su molte altre questioni filosofiche. Næss ha citato il libro Silent Spring di Rachel Carson del 1962 come un'influenza chiave nella sua visione dell'ecologia profonda. Næss ha combinato la sua visione ecologica con la nonviolenza gandhiana e in diverse occasioni ha partecipato all'azione diretta.

Næss ha affermato che mentre i gruppi ambientalisti occidentali del primo periodo del secondo dopoguerra avevano sensibilizzato l'opinione pubblica sulle questioni ambientali dell'epoca, in gran parte non erano riusciti a comprendere e affrontare ciò che secondo lui era il background culturale e filosofico sottostante a questi i problemi. Næss credeva che la crisi ambientale del ventesimo secolo fosse sorta a causa di alcuni presupposti e atteggiamenti filosofici non detti all'interno delle moderne società sviluppate occidentali che rimasero non riconosciuti.

In tal modo distinse tra ciò che chiamava pensiero ecologico profondo e superficiale. In contrasto con il pragmatismo utilitaristico prevalente delle imprese e dei governi occidentali, ha sostenuto che una vera comprensione della natura darebbe origine a un punto di vista che apprezza il valore della diversità biologica, comprendendo che ogni essere vivente dipende dall'esistenza di altre creature nella complessa rete di interrelazioni che è il mondo naturale.

L'"Ecosofia T", distinta dall'ecologia profonda, era originariamente il nome della filosofia personale di Næss. Altri come Warwick Fox hanno interpretato l'ecologia profonda come un impegno per l'Ecosofia T, le convinzioni personali di Næss. La "T" si riferiva a Tvergastein, un rifugio di montagna dove scrisse molti dei suoi libri, e rifletteva il punto di vista di Næss secondo cui ognuno dovrebbe sviluppare la propria filosofia.

L'Ecosofia di Næss può essere riassunta come autorealizzazione. Secondo Næss, ogni essere, sia umano, animale o vegetale, ha lo stesso diritto di vivere e di fiorire. Næss afferma che attraverso l'autorealizzazione gli esseri umani possono entrare a far parte degli ecosistemi della Terra, a differenza di diventare solo se stessi. Næss ha definito le conseguenze etiche dell'autorealizzazione come: se non si sa come i risultati delle proprie azioni influenzeranno gli altri esseri, non si dovrebbe agire.

Næss ha influenzato buona parte dei pensatori ecologisti europei e statunitensi, fondando una vera e propria scuola di pensiero e proponendosi come l’alternativa più radicale al pensiero ecologista tradizionale.

Gli ecologisti del profondo sostengono che la nostra cultura è di tipo tecnico-industriale, votata cioè alla venerazione della tecnica e dei processi produttivi come unico strumento di crescita, benessere, progresso individuali e sociali. Questa mentalità ha portato all’abuso di tutti i contesti naturali e alla profanazione delle condizioni di vita delle generazioni future.

“Il progresso è stato finora misurato, in piena buona fede, in base al consumo di energia e all’acquisizione e accumulazione di beni materiali”.

La qualità della vita oggi corrisponde al tenore di vita, al numero di beni materiali posseduti. L’ambiente, che contribuisce sensibilmente alla produzione dei beni materiali, è considerato alla stregua di un oggetto, al completo servizio dell’uomo. Il termine usato per classificare questo comportamento è “antropocentrismo”. In quest’ottica, il mondo e l’ambiente dipendono da un unico soggetto, l’uomo; l’ambiente e gli altri esseri viventi sono oggetti, macchine a disposizione dell’uomo che possiede un dominio incontrastato su di essi.

All’antropocentrismo l’ecologia profonda oppone l’“ecocentrismo” o “biocentrismo”. Secondo questa visione del mondo, non più tecnica, conseguenza di calcoli prudenziali o utilitaristici, ma empatica, frutto di un’intuizione originaria, l’ambiente (il mondo che ci circonda) deve essere vissuto nella sua infinita unità. Gli organismi sono nodi di una rete di relazioni intrinseche, valide per se stesse, senza alcuna utilità materiale. L’antropocentrismo, dicono gli ecologisti del profondo, è dualistico, tende a separare, a opporre; l’ecocentrismo è olistico, unisce, armonizza: il tutto non può essere ridotto a una somma meccanica delle sue parti, perché tutto è in relazione inestricabile con tutto.

Gli otto punti dell’ecologia del profondo

  1. Il benessere e la prosperità della vita umana e non umana sulla Terra hanno valore per se stesse. Questi valori sono indipendenti dall’utilità che il mondo non umano può avere per l’uomo.
  2. La ricchezza e la diversità delle forme di vita contribuiscono alla realizzazione di questi valori e sono inoltre valori in sé.
  3. Gli uomini non hanno alcun diritto di impoverire questa ricchezza e diversità a meno che non debbano soddisfare esigenze vitali.
  4. La prosperità della vita e delle culture umane è compatibile con una sostanziale diminuzione della popolazione umana: la prosperità della vita non umana esige tale diminuzione.
  5. L’attuale interferenza dell’uomo nel mondo non umano è eccessiva e la situazione sta peggiorando progressivamente.
  6. Di conseguenza le scelte collettive devono essere cambiate. Queste scelte influenzano le strutture ideologiche, tecnologiche ed economiche fondamentali. Lo stato delle cose che ne risulterà sarà profondamente diverso da quello attuale.
  7. Il mutamento ideologico consiste principalmente nell’apprezzamento della qualità della vita come valore intrinseco piuttosto che nell’adesione a un tenore di vita sempre più alto. Dovrà essere chiara la differenza tra ciò che è grande qualitativamente e ciò che lo è quantitativamente.
  8. Chi condivide i punti precedenti è obbligato, direttamente o indirettamente, a tentare di attuare i cambiamenti necessari.

Riferimenti:

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