Ripensando agli illustri antenati che compongono il mio barocco albero genealogico, la mia simpatia corre subitanea alla figura di Cinolo de nobilibus Montesperello, il ribelle perugino. Il suo spirito anarco-monarchico non ha infatti bisogno di presentazioni. Ora vi spiego il perché... Bisogna annoverarlo tra i personaggi più tipici della famiglia Montesperelli (antica famiglia di origine tedesca imparentata peraltro anche con la Morea la cui origine si fa risalire ad un barone germanico nel Settimo secolo d.C.), uomo fiero e sdegnoso, e forte inflessibile volle forse un giorno vendicarsi della sua patria che, quale nobile, I'aveva scacciato dalla città inesorabilmente. 

Correva l'anno 1370, all'epoca in cui Perugia si trovava in piena guerra contro il Papa, che voleva ripristinare nella forte repubblica medievale il potere d'un tempo, reso quasi irrisorio e nullo dalle conquistate libertà. I nobili fuorusciti aiutavano il movimento del potere teocratico, perché sapevano che alla vittoria del Papa sarebbe seguita la loro senza indugi di sorta.
Cinolo, che si trovava nelle contrade di Magione, fu certo tra i più audaci e tentò davvero un colpo da maestro. Improvvisamente riuscì ad entrare nella famosa Rocca di quella terra, di tutto punto munita, ne scacció i Cavalieri di S. Giovanni e là si chiuse con genti della Chiesa.
I magistrati, impressionati di tale successo, sperarono di poter vincere Cinolo con uno stratagemma: dopo avere arrestati tutti i suoi parenti li portarono legati di fronte alla Rocca, minacciando di farne strage se egli non si fosse arreso.

Il Montesperelli stette fermo e per nulla tentennò; era cosi grande l'odio contro la sua patria! I magistrati, visto inutile il loro tentativo, chiusi in prigione tutti i Montesperelli e i loro partigiani. Mandarono poi contro il fiero aristocratico Contucciolo di Facciardo con un buon nerbo di truppa, sperando di prenderlo a forza.
Ma Cinolo che pensava a difendersi, si era fortificato e munito di fanti e cavalli; all'appressarsi del messo perugino finse di volersi arrendere. Contucciolo non comprese l'imboscata tesagli, andò e fu fatto prigioniero insieme a venti dei suoi. Cinolo aveva un ostaggio prezioso, la vita dei suoi era salva, Perugia li avrebbe rispettati.

E così fu. Per cinque anni il Montesperelli rimase tranquillamente nella Rocca occupata, arrogandosene la proprietà. Perugia, distratta dalle guerre col pontefice, non pensò più al facinoroso fuoriscito.
L'Abbate di Monmaggiore però  si ricordò di lui. Cinolo che aveva nel 1370 presa la Rocca di Magione a nome del Papa, quasi ad aiutarlo nelle sue vendette contro Perugia, se ne era poi attribuito il possesso, e alla venuta del governatore pontificio seguitò a tenerla e ad abitarla con tutti i suoi, assoluto padrone e signore. Inutilmente gli fu richiesto di recedere dall'usurpazione, mostrandogli ordinanze e sentenze dei Tribunali pontifici sempre rispedite al mittente; Cinolo rispondeva con rifiuti “svilaneggiando e battendo li magistrati perugini”.

Si volle allora prenderlo a forza: e M. Rosello (un capitano di allora) giunse con armi ed armati là sotto Magione per cacciarlo dalla Rocca come usurpatore. Un tale si offri al messo perugino per fargli avere la fortezza con tutta facilità, quasi senza colpo ferire. Di sorpresa giunse alle porte della Rocca, entrò dentro indisturbato approfittando della calma apparente, mentre Cinolo si trovava fuori. Si chiuse là dentro, e salito in una torre cominciò a fare i segnali convenuti al messo perugino, che doveva poi correre con tutte le sue milizie alla presa della Rocca.

Il Montesperelli, furibondo per tanto successo, corse alla Rocca e abbattute le porte, salì in cima alla torre e gettò giù a capofitto l'audace invasore.
Quindi chiusosi là dentro resistette finché Perugia mandò tutta la sua cavalleria: a chi lo consigliava di arrendersi rispose con una pugnalata; preferiva la morte ad un atto di dedizione. Solo la forza ebbe la meglio su di lui: preso, fu recato in Perugia, portato innanzi ai Tribunali e condannato come ribelle alla prigionia per tutta la vita nel 1375.

Fonte: articolo tratto dall'Archivio di famiglia, "Per le nozze Montesperelli-Briscese" di Francesco Briganti e Aldo Martelli


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