William Godwin (Wisbech, 3 marzo 1756 – Londra, 7 aprile 1836) è stato un filosofo, scrittore e politico libertario britannico. Pensatore del tardo Illuminismo nonché ispiratore di parte del Romanticismo inglese, specialmente la "seconda generazione romantica" comprendente John Keats, il suo genero Percy Bysshe Shelley e George Gordon Byron, radicale e repubblicano, è considerato uno dei primi teorizzatori anarchici moderni. L'opera più celebre di Godwin è il saggio Inchiesta sulla giustizia politica in cui esprime un ideale di anarchismo filosofico.

Sua moglie fu la scrittrice Mary Wollstonecraft, antesignana del femminismo di tipo liberale e dei diritti delle donne nonché autrice di Rivendicazione dei diritti della donna. Dalla loro unione nacque Mary Godwin, nota, dopo il matrimonio con il poeta Percy Bysshe Shelley, come Mary Shelley, autrice del celebre romanzo Frankenstein.

Godwin è considerato uno tra i principali pionieri del pensiero anarchico. Deluso dalla Rivoluzione francese e dalla dittatura giacobina, elaborò un ordinamento sociale fondato sul decentramento amministrativo e giudiziario, sulla costruzione di libere comunità indipendenti e sull'abolizione del governo centrale: un mutamento graduale di liberazione della società dallo Stato, fondato sulla maturazione di un'etica insieme individualista e comunitaria.

Godwin contesta la teoria contrattualista di scuola liberale: il patto sottoscritto originariamente tende ad eternizzarsi, facendo sì che le generazioni successive siano costrette ad obbedire alla volontà di quelle che le hanno precedute, e quand'anche i cittadini di oggi fossero chiamati a rinnovare il patto, comunque "patti e promesse non costituiscono il fondamento della morale" e non garantiscono il successo della ragione

Godwin critica in modo così radicale il principio d'autorità da contrapporvi l'opposto principio di anarchia: "ciascuno è abbastanza saggio da governarsi da solo" e "nessun criterio soddisfacente può porre un uomo, o un gruppo di uomini, al comando di tutti gli altri" . Le istituzioni devono soltanto limitare il male, poiché l'uomo non è perfetto: il miglioramento della società, la creazione di una civiltà di liberi e uguali, tuttavia, elimineranno gradualmente le "cause del delitto" rendendo superflue le istituzioni repressive, poiché il carattere dell'uomo non è dato dalla natura ma dalla società (cosiddetta "perfettibilità dell'uomo"). Godwin conclude la sua criminologia libertaria, anticipatrice di quella anti-lombrosiana di Pietro Gori, non chiedendo l'abolizione immediata della polizia, ma un graduale superamento tramite una guardia meno coercitiva, fino a che ce ne sarà bisogno, ma sostenendo che i malfattori devono essere rinchiusi solo come espediente temporaneo e trattati con il massimo di rispetto e cortesia possibili.

Nel frattempo, poiché il completo superamento di ogni Governo può avvenire solo con la maturazione di un'alta coscienza civile, si deve cercare un sistema sociale basato sulla partecipazione popolare

Da qui Godwin parte per teorizzare la democrazia diretta, il decentramento ed il federalismo, difendendo una forma di comunitarismo: una ricetta applicabile ad ogni società, poiché il dato unificante e comune a tutti è la ragione; l'amore patrio, pertanto, è ingannevole, perché separa arbitrariamente gli uomini e pone gli interessi degli uni contro gli interessi degli altri. Allo stesso modo, anche la guerra offensiva e il colonialismo sono immorali, così come lo sfruttamento dei lavoratori

Per Godwin Ragione, Giustizia e Felicità coincidono: poiché la ragione è universale ne deriva anche l'universalità della giustizia, la quale a sua volta conduce alla felicità individuale e collettiva e alla vera libertà. Aderisce inoltre al sensismo e all'utilitarismo, sostenendo anche una pedagogia libertaria, ricavata in parte da Rousseau. Pur ribadendo la centralità dell'individuo come soggetto dei diritti, da cui derivano tutti i diritti della società, egli sostiene la filantropia . egli ultimi anni si dedicò anche alla fantascienza, ipotizzando scoperte scientifiche in grado di far ottenere l'immortalità all'essere umano; si ritiene che l'interesse di Godwin per questi argomenti abbia influenzato anche la figlia Mary Shelley per la stesura del suo Frankenstein. odwin e il suo circolo intellettuale (Shelley in testa) vedono inoltre con interesse i diritti degli animali e il vegetarianismo ,

Differenziandosi nettamente dalla concezione bakuniniana, secondo cui la libertà è una conquista e non un dato originario dell'uomo, Godwin, influenzato dal pensiero illuminista, la considera indipendente ed a volte opposta al processo storico - Il contributo di un recente volume di Argenton alla conoscenza di Godwin.

Non c'è uno storico dell'anarchismo che non abbia posto e non ponga William Godwin come il primo vero teorico di questo movimento. Eppure, pur avendo avuto questo generale riconoscimento da tutti i maggiori studiosi, egli non ha avuto da parte loro un'altrettanta attenzione specifica verso l'insieme del suo pensiero o verso aspetti particolari di esso.

Ci sorregge ora un importante lavoro che colma non solo questa lacuna, ma ci illumina soprattutto di un aspetto poco noto, ma estremamente importante, del pensiero dell'anarchico inglese: A. Argenton, La concezione pedagogica di un classico dell'anarchismo: William Godwin, prefazione di Tina Tomasi, Bologna, Patron, 1977.

Qui recensiamo quest'opera perché, considerata da entrambi i lati - pensiero politico generale o pensiero pedagogico specifico - la riflessione godwiniana, che essa prende in esame, ha tuttora una forte carica di problematica attualità. Argenton ci dimostra infatti come non vi sia oggi una formulazione "rivoluzionaria" o "progressista" della pedagogia attuale, nel contesto di un pensiero libertario sui generis, che non sia stata anticipata o perlomeno intuita dall'autore inglese.

Il pensiero di Godwin

Come è noto il punto centrale del suo pensiero si fonda sull'antitesi, che egli inizialmente formula forse sotto l'influsso rousseauviano, fra natura e storia. Problema, questo, di straordinaria importanza perché tutta la posteriore riflessione teorica dell'anarchismo ruoterà attorno ad esso. Non dobbiamo dimenticare infatti che la matrice illuministica sarà una componente indistruttibile di tutto il pensiero anarchico in quanto è soprattutto ad essa che va imputato il persistente antistoricismo che ha impregnato ed impregna, spiegandola, la sua dimensione rivoluzionaria. Se partiamo dalla prospettiva godwiniana vertente sull'antitesi radicale fra natura e storia dove, con il primo termine (natura), s'intende il campo originario dell'uomo e con il secondo (storia) quello dell'ingiustizia, del potere e dell'alienazione, è facile comprendere come sia tipico dell'anarchismo concepire il salto rivoluzionario - al fine di ridare all'uomo la libertà originariamente perduta - secondo modalità principalmente volontaristiche. La logicità di questo discorso si fonda, in effetti, sulla semplice considerazione che la natura umana è fonte spontanea e ricettacolo primitivo della libertà e dell'uguaglianza per cui lo sviluppo della loro costruzione diventa possibile, in un certo senso, a qualsiasi livello storico dell'umanità. In altri termini la libertà e l'uguaglianza non scaturiscono necessariamente da precise condizioni attraverso le quali il processo storico snoda, ma possono essere concepite e poi poste indipendentemente o, se vogliamo, contro di esso.

Questa concezione - che sta un po' all'opposto della prospettiva bakuniniana secondo la quale la libertà è una conquista e non un dato originario dell'uomo (pensiamo alla sua feroce polemica con Rousseau) - si basa sull'assoluto valore assegnato alla ragione umana. Per Godwin, che risente qui in modo preponderante dell'influsso della cultura illuministica, essa è un dato originario universalmente comune ad ogni individuo per cui è soprattutto ad essa che bisogna fare appello per la costruzione di una società nuova. In polemica con il pensiero contrattualistico (Locke, Rousseau, ecc.), egli afferma la possibilità di una società fondata sulla regione e sulla libertà e quindi sulla più ampia tolleranza.

L'indissolubile binomio godwiniano fra ragione e libertà (la ragione dovrebbe essere l'unica vera legislatrice di ogni società) è fondato sull'intima convinzione della continua perfettibilità della natura umana. Abbiamo così che lo statuto antropologico formulato da Godwin, anche se costruito anch'esso secondo una tipica visione illuministica, può essere concepito, per l'intenzione ideologica libertaria che lo sottende, come un pozzo senza fondo. La natura umana è cioè un ricettacolo propulsivo di infinite possibilità progettuali, idea, questa, che anticipa - ma che cosa è che non hanno anticipato o intuito gli anarchici? - di oltre cent'anni l'antropologismo fenomenologico sia esso di ispirazione husserliana o meno.

Ma se l'uomo si presenta come un prisma dalle infinite sfaccettature ne discende come logico e naturale corollario un concetto pluralistico delle strutture sociali con le quali egli deve vivere. Come non riconoscere, anche in questo caso, l'anticipazione di tutta una tematica libertaria che va dall'associazionismo libertario di Fourier al federalismo pluralistico di Proudhon, fino al comunismo armonico della "società aperta" di Kropotkin? Concetto, questo del pluralismo, anch'esso saccheggiato oggi a piene mani dalla cultura, ufficiale e non, di sinistra.

Ma vi è un altro importante corollario strettamente discendente dal concetto della natura umana intesa come ricettacolo propulsivo di infinite possibilità progettuali. Ed è quello dell'"ambientalismo". L'uomo, cioè, risulta "disponibile" a diverse crescite secondo i tempi e i modi di diverse educazioni. Qui tocchiamo con mano un punto centrale della pedagogia libertaria, perché l'ambientalismo, affermando come preponderante il fattore del condizionamento esterno, inteso qui nella sua accezione più vasta - strutture socio-economiche, lingua, cultura, tradizioni ed eredità etniche, natura, clima, ecc. - nega, di necessità, una presunta originaria diseguaglianza naturale fra uomo ed uomo. Vi è quindi, nel discorso godwiniano - un intimo e necessario nesso fra la sua lettura pluralistica dello statuto antropologico, l'ambientalismo e la conseguente affermazione della potenziale equivalenza fra tutti gli individui: ecco dunque anticipato anche qui il noto rapporto ambientalismo-egualitarismo - un'intelligenza che costituisce oggi una verità generale di partenza (anche se le sue versioni ed interpretazioni sono tante) per ogni pedagogia progressista.

Infine, sempre su questa linea di continuità logica ed ideologica, Argenton ci evidenzia un ulteriore aspetto molto importante per la prospettiva pedagogica dell'anarchismo: la formulazione-anticipazione, da parte di Godwin, del tema dell'educazione integrale. Per l'autore inglese solo un'educazione tesa a favorire in ogni persona lo sviluppo armonioso di tutte le sue facoltà fisiche ed intellettuali può creare la premessa per la formazione di un uomo libero e completo. È inutile sottolineare l'importanza di questa tematica che verrà portata avanti poi da tutto il pensiero pedagogico dell'anarchismo: da Proudhon a Ferrer, da Bakunin a Robin, da Kropotkin a Sebastian Faure. A sua volta il problema dell'educazione integrale è strettamente connesso al superamento dell'organizzazione scolastica fondata sul concetto della sua specificità che la vede separata ed avulsa dal più generale contesto della vita sociale. L'idea di abolire le scuole per sostituire ad esse una pluralità di centri d'apprendimento integrati nelle unità sociali e produttive - idea che oggi ha acquistato fama nella formula della "descolarizzazione" di Ivan Illich (ma comunque, già prima di lui, essa era stata concepita e propagandata dall'anarchico inglese Paul Goodman) - può essere benissimo riallacciata alla prima delle tre definizioni dell'educazione date da Godwin.

Ci riferiamo all'educazione "indiretta" o "casuale", quella cioè formata dalle impressioni che ognuno riceve vivendo in un certo ambiente. È facile osservare subito che una simile educazione, oltre ad essere di fatto necessariamente non-direttiva e quindi implicitamente libertaria, si pone come il mezzo più vario e completo per realizzare un'educazione integrale. Allo stesso tempo, questa libertà di apprendimento, è la vera condizione per far scattare la molla di un autentico e spontaneo interesse dell'individuo verso settori del sapere e del lavoro a lui congeniali.

Da quanto siamo venuti esponendo si può dire che abbiamo una doppia immagine godwiniana dell'uomo. Da una parte quella dataci dall'affermazione di una sua libera "disponibilità" che lo porterebbe a crescere e a formarsi secondo i tempi e i modi di diverse educazioni; dall'altra quella della sua "naturalità" che, al di là della mutevolezza storica, costituirebbe di per se stessa la struttura potenziale della libertà e dell'uguaglianza e quindi l'unica vera garanzia di una possibile società nuova. Mentre la prima sarebbe costruita sul concetto di "mobilità", la seconda poggerebbe su quello della "fissità". Le due immagini, però, non sono sovrapposte, né contraddittorie, in quanto affermano entrambe una stessa logica. Essa si può così riassumere. L'uomo è, dal punto di vista della natura, potenzialmente libero ed uguale. In quanto tale egli ha la possibilità di estrinsecare questo suo "bene" sul piano storico-sociale. Ma, appunto, ha la possibilità, non la certezza (ha, infatti, anche la possibilità di diventare un Hitler o uno Stalin). Ora è proprio qui, su questo concetto della possibilità, che possiamo leggere l'anarchismo di Godwin, e fare perciò un discorso sull'anarchismo tout-court. Possiamo cioè partire da uno spunto fondamentale offertoci dal suo pensiero, per vedere come, facendo un discorso sull'essenzialità dell'anarchismo, sia possibile ritornare a lui confermandolo così come suo vero e primo pioniere.

Cominciamo col dire dunque che la possibilità è la categoria operativa della libertà. È il concetto che ci dice come va interpretato il volontarismo anarchico e la conseguente forte, fortissima spinta etica che lo sorregge (spinta che in Godwin è palese ed esplicita). Partendo dalla considerazione del duplice aspetto della vita umana (essa è, da una parte, frutto involontario di circostanze e, dall'altra, continua possibilità di costruzione volontaria di esse), l'anarchismo si è delineato come teoria complessiva di scienza sociale tesa a scoprire le "leggi" della storia e della società per rovesciarle secondo una prospettiva tutta etica e volontaristica. Di qui la divisione con il determinismo marxista che queste "leggi" dà per certe affidando ad esse la liberazione dell'uomo; di qui il suo irriducibile individualismo (la responsabilità, la volontà, l'etica sono - che si voglia o no - sentimenti e pratiche essenzialmente individuali); di qui la sua forte carica problematica - oggi purtroppo un po' in disuso per l'inflazione sloganistica - che spiega tutto il suo costituzionale antidogmatismo.

Perché la possibilità è la categoria operativa della libertà? Perché il semplicissimo fatto di avere la possibilità di diventare liberi, senza averne la certezza, è già essere potenzialmente liberi (in questo senso va capito il valore libertario del volontarismo). Se il concetto della possibilità nega, da un punto di vista metodologico, la certezza di uno sviluppo determinato della storia umana (sottolineiamo: nega la certezza, non un determinato sviluppo), se nega cioè a priori qualsiasi oggettività (sottolineiamo ancora: nega qualsiasi oggettività a priori, non una volta data), esso ci dice come questa stessa possibilità si ponga di fatto come l'unica realtà. Si dà così che la libertà è la sola condizione eternamente inesauribile, imprescindibile, indistruttibile, incondizionabile, e non eliminabile della vita umana. Solo il concetto della possibilità verifica e conferma quello della potenzialità libertaria ed egualitaria della natura umana. Eccoci così ritornati a Godwin attraverso un discorso sull'essenzialità dell'anarchismo.


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Citato più volte anche se nessuno dei suoi scritti viene menzionato, Bakunin occupa un posto particolare in alcuni dei principali testi di Carl Schmitt (Teologia politica, Dittatura, Il concetto di politica).

I temi che Schmitt sceglie di individuare in Bakunin (il satanismo, il naturalismo, la religiosità dell'autorità, il rifiuto della mediazione), se sono indice di una precisa conoscenza dell'opera del rivoluzionario russo, gli consentono anche di collocarsi in una contrapposizione a tempo debito con i teorici della controrivoluzione.

La lettura attenta che Schmitt sembra aver fatto dei testi di Bakunin non deve nascondere che nell'opera del teorico tedesco Bakunin è soprattutto una figura: quella dell'anarchico russo, il nemico per eccellenza che pretende di farla finita con la politica.

Apparentemente casuale, la convocazione di questa figura parzialmente mitica tocca un tema centrale nell'opera di Schmitt, quello della concezione della politica.

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La legge naturale è una teoria filosofica secondo cui certi diritti e leggi sono inerenti alla natura umana e possono essere universalmente compresi attraverso la ragione. È spesso usata come giustificazione per un certo codice morale o legale.

La filosofia anarchica è invece un'ideologia politica che sostiene l'abolizione del governo e l'istituzione di una società basata sulla cooperazione volontaria e l'aiuto reciproco.

Sebbene la teoria del diritto naturale possa essere utilizzata per sostenere determinati diritti e libertà, non è intrinsecamente legata alla filosofia anarchica, che enfatizza il rifiuto di tutte le forme di autorità e gerarchia esterne, ma le due cose non si escludono a vicenda.

Alcuni anarchici possono usare argomenti di diritto naturale per sostenere le loro convinzioni, tuttavia ci sono anche anarchici che rifiutano completamente il concetto di diritto naturale.

La Rivoluzione di Kropotkin

Pëtr Kropotkin è stato un rivoluzionario anarchico russo (possiamo considerarlo uno dei "padri fondatori" dell'anarchismo), ma anche uno scienziato e un filosofo. Il suo è però un pensiero poco conosciuto, pur essendo ricco e fecondo. La sua vita e la sua collocazione politica hanno probabilmente contribuito a metterlo in ombra, al punto che è praticamente ignorata anche la sua intensa opera geografica (a Kropotkin dobbiamo l'esatta conoscenza dell'orografia asiatica e delle varie fasi dell'era glaciale in Europa; compì infatti diverse esplorazioni nella prima parte della sua vita) così come il suo notevole contributo all'antropologia e all'etologia.

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Manifesto di un Dissidente Digitale

Sono Il Dissidente Digitale, pseudonimo di uno scrittore e attivista anonimo. Credo che lo sviluppo e la diffusione dell'intelligenza artificiale debbano essere democratizzati, decentralizzati e guidati da principi di autonomia, autodeterminazione e aiuto reciproco. Respingo la concentrazione del potere e del controllo nelle mani di un piccolo gruppo di attori, come le grandi aziende tecnologiche e i governi.

Sostengo modelli alternativi di sviluppo open source basati sui beni comuni e rifiuto la natura proprietaria dei sistemi di intelligenza artificiale e l'uso di brevetti e altre leggi sulla proprietà intellettuale per controllare l'accesso alla tecnologia. Credo che l'intelligenza artificiale dovrebbe essere utilizzata per potenziare individui e comunità, piuttosto che essere utilizzata come strumento di oppressione e controllo.

Scrivo per sfidare lo status quo e aumentare la consapevolezza sui pericoli dell'IA. I miei articoli sono sia informativi che divertenti e ti invito a unirti a me in questo viaggio mentre lavoriamo insieme per promuovere un mondo più equo e autonomo.

Lo Spettacolo del Simbolico

La vita è una rete interconnessa di esseri. Questa è l'esistenza, questa è la vita. Senza quella rete non siamo niente.

Dai un'occhiata alla tua Realtà e prova a trovare ciò che è necessario alla tua esistenza: senza cosa morirai?

Non è come giocare al gioco della nostra Cultura, la Cultura della Mercificazione, dove ci chiediamo per cosa moriremmo, per cosa uccideremmo (trascurando tutte le cose per cui uccidiamo). Invece, questa domanda è una ricerca onesta di ciò di cui abbiamo bisogno nella vita.

Il focus qui sarà sul modo in cui la cultura simbolica, la mentalità della civiltà, ha invaso la nostra coscienza.

Il tipo di relazioni di potere necessarie per l'esistenza dei governi si basa sul nostro riconoscimento di quel potere.

Anche se non credere nel loro potere non farà semplicemente sparire la civiltà, vi è la consapevolezza che la vita esiste oltre la sopravvivenza con cui abbiamo dovuto fare i conti.

Riconoscere il nostro potenziale è un passo per rivendicare le nostre vite.