Il pensiero ecologico moderno matura negli anni Settanta e Ottanta alimentato, almeno in parte, dall’onda lunga e la grandissima risonanza di libri pionieristici come Primavera silenziosa di Rachel Carson (1962), che per primo aveva raccontato i danni di DDT e fitofarmaci sull’ambiente e la salute umana.

Durante le sue prime manifestazioni, il movimento ambientalista inizia un’analisi dello stato del pianeta partendo da innumerevoli spunti e intuizioni spesso governati da ricerche scientifiche, a volte da approcci mistici, altre da una mescolanza propria o impropria delle due cose. Ognuna di queste visioni del mondo ha la sua analisi, i suoi scenari, le mappe su cui costruire una “soluzione” ai problemi ambientali.

A detta del suo primum movens, il filosofo Arne Næss, la nuova ecologia profonda, riconosce in Primavera silenziosa un importante punto di partenza. Ma in questa nuova concezione del mondo confluisce anche il pensiero di Paul Ehrlich, ambientalista e biologo che vede nella sovrappopolazione il problema per eccellenza del nostro pianeta. Ma tante altre e più vaste sono le radici di questo eterogeneo sottobosco ambientalista: nella costruzione delle teorie e degli approcci scientifici – o a volte pseudo tali – che confluiscono nella galassia del “salviamo il pianeta” non è possibile ignorare infatti le fotografie della Terra vista della Luna, un certo “luddismo ecologista”, la volontà del ritorno alla natura e il rifiuto della tecnologia come soluzione a tutti i mali. Fino ad arrivare a volte a respingere in toto anche la scienza, l’imperfetto – ma forse unico – strumento di conoscenza del mondo, e rifugiarsi nella ricerca di in un’inesistente età dell’oro che precede la corruzione portata dalla conoscenza della natura.

A questa miscela vanno aggiunte le suggestioni escapiste e fantascientifiche che affiorano già alla fine degli anni Sessanta nella cultura pop, per esempio in brani della musica della west coast come Wooden ships di Crosby, Stills & Nash o in tutto l’album Blows against the empire dei Jefferson Starship. Dal punto di vista scientifico, poi, non può non entrare nel mosaico della nuova visione ecologica del mondo anche la teoria di Gaia, di James Lovelock, formulata nel 1979 con le sue basi di stretta osservanza scientifica uniti a successivi connotati olistici e mistici: secondo la sua prima formulazione, il pianeta Terra sarebbe un unico organismo vivente in cui i microorganismi e loro componenti inorganiche sono intimamente legati a formare un unico sistema complesso che si autoregola per garantire le condizioni di vita sul pianeta. Lovelock rivoluzionò per qualche anno la visione che la scienza aveva del nostro pianeta, ipotizzando che la vita fosse in grado di adattare le variabili della Terra ‒ temperatura, pH, composizione atmosferica e altro ‒ alla propria esistenza.

Murray Bookchin è stato un pensatore eclettico e originale, che ha unito analisi politiche in senso stretto ad attivismo ambientalista e riflessioni di filosofia e urbanistica.

Insomma, l’ondata ecologista è in realtà un fiume dagli innumerevoli meandri e dal corso anastomizzato che all’inizio non riesce ad avere un impatto sulla politica di tutti i giorni e sulle visioni di programmazione decennali dei grandi enti, e vede spesso personaggi e documenti in contrasto fra di loro. Un esempio è il dibattito tra Barry Commoner, biologo e teorico dell’ecologismo, e il già citato Paul Ehrlich. Il primo rimprovera al secondo la sua insistenza ed enfasi verso la sovrappopolazione come radice di tutti i “mali ecologici”. L’approccio di Commoner alla risoluzione dei problemi del pianeta è ben diverso. Nei suoi libri, Commoner insiste spesso per un approccio molto più globale ai problemi ambientali, che coinvolga anche aspetti che molte associazioni e ideologi hanno sempre dimenticato. Suggerisce una ristrutturazione delle economie che vada incontro alle leggi dell’ecologia, ed è tra i primi a divulgare il concetto di sostenibilità.

Commoner è paragonabile, in questo, a un altro pensatore, cui si deve un pensiero forse ancora più organizzato e completo, ancorché a volte eccessivamente affastellato e di suggestioni con altre filosofie: Murray Bookchin. Bookchin (New York, 1921 – Burlington, 2006) è stato un pensatore eclettico e originale, che ha unito analisi politiche in senso stretto ad attivismo ambientalista e riflessioni di filosofia e urbanistica. Il suo libro più famoso, di cui è uscita da poco la settima edizione a cura della casa editrice Elèuthera, è L’ecologia della libertà (traduzione di Amedeo Bertolo e Rossella Di Leo), pubblicato per la prima volta nel 1982. È un denso volume di oltre 500 pagine in cui dispiega una serie di conoscenze, ipotesi, proposte e invettive che ben illustrano non solo il suo pensiero ma anche (e forse soprattutto) il clima culturale che ho descritto all’inizio.

L’ecologia della libertà ripropone una lunga e circostanziata storia dell’umanità, dalle origini in Africa al trionfo della civiltà occidentale “razionale”, il tutto visto con una prospettiva che si potrebbe definire socio-ecologica. Il punto focale del libro, il nucleo attorno a cui gira tutto, è questo: la lunga e tormentata storia degli esseri umani è nata secondo Bookchin da tribù ecologicamente integrate con l’ambiente circostante, popolazioni naturali per così dire, ed è sfociata in un sempre più netto approccio di dominio dell’uomo sulla natura. Bookchin rintraccia le origini di questa deriva nella divisione in “classi” in cui gli esseri umani hanno organizzato le loro società, dapprima con semplici cesure tra giovani e vecchi e, soprattutto, tra uomini e donne. Queste divisioni avrebbero portato, con l’andare del tempo, all’introduzione di posizioni di dominio e di gerarchia, di classificazioni migliore-peggiore e di un’inconscia scala naturae.

La gerarchia che si è creata con l’andare dei millenni non è stata solo tra uomo e donna, anziani e giovani, ma anche tra dominanti e sottoposti, religiosi e laici (le conoscenze d’epoca non consentono all’autore una precisione estrema, e molte delle ricostruzioni sono ipotetiche e a volte corrispondono poco a quanto sappiamo oggi della storia della nostra specie, ma non si può certo fare una colpa a Bookchin di queste mancanze). Quando si arriva infine alla rivoluzione agricola, il libro spiega come il dominio si approfondisce, le classi sociali si irrigidiscono e complessificano. È questo cambio della struttura sociale, spiega Bookchin, che consente un indubbio progresso materiale, permette e giustifica al tempo stesso la marginalizzazione dei deboli, i giovani, le donne e le minoranze. Uno schema di conquista e oppressione che secondo Bookchin si è ripetuto pari pari anche nei confronti della natura, degli ecosistemi che hanno ospitano la nostra specie nelle lunghe peregrinazioni dalla culla africana alla punta della Patagonia o alle ultime isole del Pacifico.

Circa dieci anni prima di L’ecologia della libertà uscì un altro libro fondamentale per l’analisi ecologica della società, cioè The limiths to growth (Donella Meadows, Dennis Meadows, Jørgen Randers e William W. Behrens III. La traduzione italiana, I limiti dello sviluppo, è di Mondadori, 1972). L’anno precedente fu pubblicato The closing circle (Barry Commoner. La traduzione italiana, Il cerchio da chiudere, è del 1972, di Virginio Bettini, Garzanti). Nove anni prima, nel 1973, uscì invece Small Is Beautiful: A Study of Economics As If People Mattered (Ernst Schumacher. La traduzione italiana, Piccolo è bello, di Daniele Doglio, è del 1977, Moizzi editore). Bookchin cita, indirettamente e solo con accenni, ognuna di queste opere. Che sono, secondo lui, non solo una visione parziale del problema, ma costituiscono soluzioni non corrette dei problemi del pianeta e della società, sempre all’interno di quello che i filosofi della scienza chiamavano “paradigmi”. Per citare il capitolo X: “In sé, il piccolo non è né bello né brutto; è semplicemente piccolo (…) Alcuni dei sistemi sociali più disumani e centralizzati si sono basati su tecnologie molto piccole”. Oppure: “Il recente interesse per i limiti dello sviluppo e per la tecnologia appropriata è infarcito delle stesse ambiguità che hanno impartito un conflittuale senso di speranza e paura all’alta tecnologia”.

Bookchin è tra i primi a dire che lo schema di dominio, conquista e oppressione che ha innervato le società umane si è ripetuto anche nei confronti della natura, portando alla crisi ecologica.
Insomma, per Bookchin, queste nuove visioni non si distaccano abbastanza da quelle di gerarchia e dominio della società che hanno portato all’emergere dei problemi ecologici, e potrebbero essere appropriate solo se inserite in “strutture sociali emancipatrici e con fini comunitari”. In breve, l’intera rivoluzione ambientale degli anni Sessanta e Settanta è, per l’autore, parziale quando non ingannatrice, e svierebbe l’attenzione dai veri problemi della società umana. Che sono sì di rapporto con la natura, ma non solo. Ancora una volta, il nostro modo di porci verso il resto del pianeta è solo un riflesso del nostro atteggiamento verso il “resto” della specie umana, che non siano i maschi bianchi e potenti. L’impulso al dominio e allo sfruttamento delle risorse, alla cecità verso i necessari limiti che già negli anni Sessanta si profilavano, è un aspetto dell’imposizione di una volontà di appropriazione del potere dei nostri simili.

Il libro di Bookchin ha un carattere quasi messianico e, per usare un termine che lo stesso autore non disdegna, olistico – una visione di unità e di totalità che contribuisce all’opinione non del tutto negativa con cui Bookchin guarda l’ipotesi Gaia. L’ecologia della libertà rifiuta però il profumo mistico e New Age facile, e si presenta come una specie di enciclopedia della natura umana, un’analisi delle dinamiche sociali, una critica feroce dell’approccio puramente tecnologico ai problemi ambientali. Al contrario di molti altri libri scritti in quel periodo, ancora oggi, quarant’anni dopo, l’approccio globale di Bookchin sembra convincente e valido. E dovrebbe suggerire almeno una visione più cauta e meno affrettata alle soluzione dei problemi ecosistemici; problemi che oggi non è davvero più possibile ignorare.

Murray Bookchin (New York, 14 gennaio 1921 – Burlington, 30 luglio 2006) è stato un filosofo, anarchico, sociologo ecologo, storico ambientalista e saggista statunitense.
Maggior esponente dell'ecologia sociale, una sintesi del pensiero ecologico e socialista libertario, Bookchin è stato autore di diversi testi di politica, filosofia, storia e urbanistica, oltre che di ecologia.
Nato a New York nel 1921, figlio di Nathan Bookchin e Rose Kaluskaya, ambedue immigrati russi di origine ebraica[2][3] (la nonna materna era una rivoluzionaria populista), ha fatto l'operaio metalmeccanico, il sindacalista, lo scrittore, il docente universitario.Avvicinatosi nella prima gioventù all'ideologia marxista, entrò a far parte delle organizzazioni giovanili del Partito Comunista degli Stati Uniti d'America. Espulso dopo poco, negli anni trenta si allontanò dal comunismo staliniano per approdare a una visione anarchista e libertaria negli anni cinquanta. Fu tra i protagonisti del grande sciopero della General Motors del 1946.L'intera sua opera può essere considerata una progressiva "assunzione, sussunzione e superamento" (secondo le sue stesse parole) dei contenuti di diverse correnti ideologiche radicali del ventesimo secolo, del marxismo come dell'anarchismo, della Scuola di Francoforte come dell'urbanesimo utopistico di Lewis Mumford e dell'ecologismo.Nel 1952, Bookchin pubblica - sotto lo pseudonimo di Lewis Herber per sfuggire alla persecuzione del maccartismo - un articolo dal titolo The Problems of Chemicals in Food. Nel 1964 pubblica il libro Our Synthetic Environment (Il nostro ambiente sintetico), che precede di qualche mese il ben più noto Primavera silenziosa di Rachel Carson, in cui vengono denunciati gli effetti della chimica di sintesi ed in particolare dei fitofarmaci sulla salute dell'uomo.Negli anni sessanta pubblica Listen Marxist!, rivolto ai movimenti politici radicali di quegli anni, in cui sostiene un «anarchismo della post scarsità». Secondo Bookchin «il problema non è quello di abbandonare il marxismo o di cancellarlo... In uno stadio più avanzato di sviluppo del capitale rispetto a quello con cui Marx aveva a che fare un secolo fa, in una fase più avanzata di sviluppo tecnologico rispetto a quanto lo stesso Marx potesse aver previsto, è necessaria una nuova critica, che porti a nuove forme di lotta, di organizzazione, di propaganda, di stili di vita». Nel 1971 Bookchin fonda con altri studiosi l'"Istituto per l'Ecologia Sociale" a Plainfield, Vermont, centro ancora attivo nel campo della teoria sociale, dell'eco-filosofia e delle tecnologie alternative. In questo periodo Bookchin si definisce «un ecologista sociale e un municipalista libertario».Nel 1982 pubblica la prima sintesi della sua riflessione e del suo impegno politico, Ecologia della libertà: «Il dominio dell'uomo sulla natura è originariamente causato dal dominio reale dell'uomo sull'uomo. La soluzione a lungo termine della crisi ecologica dipenderà da una trasformazione fondamentale di come organizziamo la società, una nuova politica basata sulla democrazia face-to-face, su assemblee di vicinato e sulla dissoluzione delle gerarchie».Bookchin sottolinea con forza nella sua analisi la distinzione tra l'approccio dell'"ecologia sociale", finalizzata ad un nuovo rapporto tra società e natura a partire dalla radicale trasformazione dei rapporti sociali, e l'"ambientalismo" come tentativo di intervenire sugli impatti più devastanti del capitalismo: «Parlare di limiti dello sviluppo nel mercato capitalistico», scriveva nel 1990 in Remaking society, rivolgendosi agli analisti del Club di Roma e ad autori come Lester Brown o Jeremy Rifkin, «è privo di significato; è come parlare di porre limiti alla guerra in una società guerriera... Il capitalismo non può essere più "convinto" a porre dei limiti al proprio sviluppo di quanto un essere umano possa essere "convinto" a smettere di respirare».La sua proposta «comunalista», il tentativo di «andare oltre le tendenze [dei movimenti radicali] del secolo passato», resta il contributo di maggiore originalità per i movimenti ecologisti e della sinistra radicale contemporanei. Tale proposta è articolata con chiarezza nel libro From Urbanization to Cities (1987, pubblicato in origine con il titolo The Rise of Urbanization and the Decline of Citizenship): «L'immediato obiettivo dell'agenda del municipalismo libertario è di riaprire la sfera pubblica in opposizione ad ogni statalismo, di permettere il massimo di democrazia nel senso letterale del termine, di creare istituti che in forma embrionale possano dare potenza alla gente»; «Non vi può essere politica senza comunità. E per comunità intendo una libera associazione di cittadini su base municipale, rinforzata nella propria autonoma capacità economica dai propri organismi di base e il sostegno confederativo di altre comunità, organizzate in reti territoriali».Oltre agli scritti propriamente politici, Bookchin ha elaborato una posizione filosofica che ha denominato "naturalismo dialettico", a partire dalla dialettica di Hegel.Il suo ultimo testo pubblicato è stato The Third Revolution, una storia in quattro volumi delle correnti libertarie nei movimenti rivoluzionari in Europa e in America. Murray Bookchin è morto il 30 luglio 2006 nella sua casa di Burlington (Vermont) all'età di 85 anni. Fra i vari movimenti che si rifanno attualmente al pensiero di Bookchin vi è quello di Abdullah Öcalan e del Partito dei Lavoratori del Kurdistan che stanno tentando di realizzare a Kobane, nel Rojava e in tutto il Kurdistan un "confederalismo democratico" basato sulla democrazia diretta, su un'economia solidale ed ecologica e sull'emancipazione delle donne. Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) è un'organizzazione di guerriglia in Turchia, che ha combattuto la Stato turco dal 1980 per cercare di garantire maggiori diritti politici e culturali per i curdi del paese. Anche se fondato su una rigida ideologia marxista-leninista, il PKK ha visto un cambiamento nel suo pensiero e nei suoi obiettivi dopo la cattura e la prigionia del suo leader, Abdullah Ocalan, nel 1999.
 
Ocalan ha iniziato la lettura di una serie di teorie politiche post-marxiste, mentre era in carcere, e ha trovato particolare interesse nei lavori di Bookchin. Ocalan ha tentato all'inizio del 2004 di organizzare un incontro con Bookchin attraverso i suoi avvocati, e descrive se stesso come "studente" di Bookchin desideroso di adattare il suo pensiero alla società mediorientale. Sebbene Bookchin fosse troppo malato per accettare la richiesta, gli ha mandato un messaggio di sostegno. Quando Bookchin è morto nel 2006, il PKK ha salutato il pensatore americano come "uno dei più grandi scienziati sociali del XX secolo", e ha promesso di mettere la sua teoria in pratica. "Confederalismo Democratico", la variazione sul Communalismo o Municipalismo Libertario, sviluppato da Öcalan nei suoi scritti e adottato dal PKK, non cerca solo la difesa dei diritti dei curdi nel quadro della formazione di uno Stato indipendente curdo separato dalla Turchia.
 
Il PKK sostiene che il suo progetto non è visto come rivolto solo ai curdi, ma per tutti i popoli della regione, indipendentemente dalla loro etnia, o religione nazionale. piuttosto, promulga la formazione di gruppi e organizzazioni che iniziano a livello di base a diffondere i loro ideali in un contesto non statale che inizia a livello locale. Si pone anche una particolare enfasi sulla protezione e promozione dei diritti delle donne. Il PKK ha avuto un certo successo nell'attuazione del suo programma, attraverso organizzazioni come il Congresso della Società Democratica (DTK), che coordina attività politiche e sociali in Turchia, e la Koma Civakên Kurdistan (KCK), che lo fa in tutti i paesi in cui vivono i curdi.

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Ambientalismo Senza Stato

Lo Stato e le sue istituzioni governative sono state dignitose nel mainstream ambientalista come forze palliative per affrontare e risolvere gli eccessi e i fallimenti del capitalismo e del neoliberismo verso una corretta gestione ambientale. Ma questo stato ambientale cade in evidenti contraddizioni rispetto al suo impegno formale con finalità ambientaliste. Inoltre, le istituzioni governative contribuiscono ad ampliare un atteggiamento nichilista nelle azioni ambientaliste della cittadinanza.

All'interno dei filoni ambientalisti dell'anarchismo, la questione dello Stato ha concentrato un'attenzione e una posizione rilevanti. Una prima critica verde si può trovare negli anarchici del diciannovesimo secolo, in cui lo Stato non ha spazio come forza violenta e centralizzata, in quanto corruttore della bontà della materia e della connessione riproduttiva e spirituale dell'uomo con la Natura.

La Carcassa in Decomposizione dietro lo Spauracchio Verde
Come l'anarchia verde è diventata la posizione più controversa

L'anarchia verde, indipendentemente dalla propaggine, è una filosofia, una critica e un modo di vivere che enfatizza i principi anarchici più pronunciati. Gli anarchici verdi sono pronti e disposti a smantellare tutte le strutture di dominio, a partire da un'analisi radicata dell'ecologia, il che significa la relazione tra tutti gli esseri viventi e l'ambiente fisico da cui tutti dipendiamo per sopravvivere.

Esamineremo le origini e la graduale evoluzione dell'anarchia verde, esploreremo come queste idee vengono percepite dalle persone che guardano dall'esterno e cercheremo di capire perché l'anarchia verde è così detestata da un contingente di teorici di sinistra che, sempre più, ci hanno calunniato come "eco-fascisti".

Fanculo la vostra Rivoluzione Rossa: contro l'Ecocidio, verso l'Anarchia

Il collettivismo, che sia ideologicamente comunista, fascista o capitalista, non è qualcosa che serve i miei interessi come agricoltore di sussistenza indigeno e raccoglitore che vive in queste remote montagne.

Qualunque sia il dogma industriale che mi ordina di vivere la mia vita serve solo a riempire il mio cuore di dolore. Respingerò a gran voce l'idea di una società collettiva in ogni occasione, indipendentemente dalla sua alleanza ideologica. Tutta l'industria uccide tutta la vita.

Sono un anarchico. Anche l'idea di una “società” che governa il mio stile di vita mi fa un po' vomitare. I tuoi bisogni non sono i miei bisogni, non voglio andare dove il collettivo vuole portarmi...

…Voglio essere liberato dal sistema, non diventare il sistema. Il collettivo non è il mio padrone. Il collettivo è in realtà solo un altro stato, per quanto ben impacchettato.

Anarchia vs Comunalismo: Bookchin tra "Stilismo di Vita", Ideologia e Greenwashing

Il padre del comunalismo; Murray Bookchin, è stato a lungo identificato come anarchico ma più tardi nella vita ha scritto aspri attacchi contro gli anarchici. Ha in gran parte inventato uno scisma immaginario tra quelli che ha definito anarchici "lifestylist" e socialisti, denunciando questi "stilisti di vita" come inferiori a lui.

Anche se alla fine abbandonò l'anarchismo in favore della sua ideologia comunalista, questa divisione elitaria che creò tra "stile di vita" e socialismo continua a riverberarsi oggi, con alcuni social-anarchici che arrivano persino a prendere le distanze dagli aspetti individualisti dell'anarchia che ha in gran parte definito il movimento fin dall'inizio.

Questa divisione fabbricata ha aiutato molto a frammentare gli anarchici in due fazioni opposte e ha portato a inutili lotte intestine e distrazioni.

Ecologia Sociale Distorta

Cari lettori, siete stufi di sentir parlare di ecologia sociale da ogni angolo, da ogni rivista di moda alla blogosfera? Vi sentite sopraffatti dai sermoni di pseudo-ambientalisti che sembrano conoscere a memoria ogni termine "eco" ma che, alla fine, non sanno nemmeno cosa realmente significhi l'ecologia? Se la risposta è sì, allora siete nel posto giusto.

🎥 Liberi Dalla Civiltà

Spunti per una critica radicale ai fondamenti della civilizzazione:
dominio, cultura, paura, economia, tecnologia

È possibile vivere in un mondo senza dominio, senza sfruttamento, senza inquinamento e mercificazione? Per almeno due milioni di anni i nostri antenati primitivi hanno vissuto così, ed è solo con la comparsa dell'agricoltura che l'esistenza ha preso la via di una distruttività sempre più accelerata e dilagante.

Ted Kaczynski dal carcere sull'Ecofascismo: "un ramo aberrante della sinistra"

A smentire i luoghi comuni e l'etichetta di ecofascista sul noto ecoterrorista e scrittore Ted Kaczynski, detto "Unabomber" e sui movimenti di ecologia radicale, ci pensa lui stesso dal carcere, in una nota manoscritta datata 29 settembre 2020, scansioni recuperate il 10 febbraio 2022.

📃 Segue traduzione in lingua italiana del documento originale.

"A Primitivist Primer", l'innesco al Primitivismo di John Moore

A Primitivist Primer è un saggio breve di John Moore pubblicato nel 2000 sulla rivista Green Anarchy, il cui titolo consiste in un interessante gioco di parole non traducibile letteralmente in italiano. "Primer" infatti è traducibile dall'inglese oltre che come "principiante", in senso tattico-militare come "innesco" o "chi innesca una carica", e in senso edilizio come "prima mano". Il suo primitivismo non è inteso come un desiderio di ritornare ad un epoca primitiva, quanto, nel prendere la società pre-industriale come un modello di riferimento in cui «la cooperazione tra gli individui erano gli aspetti prevalenti della vita comunitaria».

Derrick Jensen: "Le Azioni Parlano Più Forte Delle Parole" (Earth First!, 1998)

Derrick Jensen (nato il 19 dicembre 1960) è un ecofilosofo, scrittore, autore, insegnante e ambientalista americano di tradizione anarco-primitivista, anche se rifiuta l'etichetta "anarchico". È un critico dell'attenzione del movimento ambientalista mainstream sulla conservazione della civiltà e della tecnologia rispetto alla conservazione del mondo naturale.

Sfida in modo specifico i cambiamenti dello stile di vita e le soluzioni individualistiche ampiamente sostenute, considerandole inadeguate alla scala della catastrofe ambientale globale. Invece, promuove la disobbedienza civile, l'attivismo radicale e lo smantellamento delle infrastrutture a livello massiccio per fermare quello che ha chiamato "l'assassinio del pianeta".

Insieme ad altri attivisti ambientalisti radicali, Jensen ha corrisposto a "Unabomber", Ted Kaczynski, dopo il suo arresto. Hanno litigato perché Kaczynski sentiva che Jensen e altri ambientalisti radicali erano troppo dediti a cause di sinistra che Kaczynski trovava irrilevanti.

Anarchia indigena e necessità di un rifiuto della "Civiltà" del colonizzatore

I popoli indigeni nel corso della storia hanno combattuto e sono morti per resistere alla forte invasione della civiltà nelle loro vite. Questa lotta continua oggi, poiché gli "incivili" sono spinti sempre più vicino al limite della sopravvivenza dai "civilizzati" di tutto il mondo e lo squilibrio tecnologico tra noi continua ad espandersi e creare un divario sociologico che ci rende incapaci di capire l'un l'altro anche a livello di base.

Cieli Caduti, è Tempo di Baciare di Nuovo la Terra

"Il cataclisma è avvenuto, siamo tra le rovine, iniziamo a costruire nuovi piccoli habitat, ad avere nuove piccole speranze. È un lavoro piuttosto duro: adesso non c'è una strada agevole verso il futuro: ma si gira intorno, o si scavalca gli ostacoli. Dobbiamo vivere, non importa quanti cieli siano caduti."

– DH Lawrence

Che cos'è comunque la civiltà? Definire questo termine sembra sempre uno dei maggiori ostacoli per le persone quando cerco di parlare con loro di primitivismo. Ritengono che il termine "civiltà" sia troppo ampio e gli venga dato troppo libero arbitrio. Cosa intendo quando dico che "la civiltà sta distruggendo la terra" o "la civiltà ci aliena da noi stessi e gli uni dagli altri"? La civiltà non è davvero una cosa, quindi non può davvero agire, sostengono. Questo è un buon punto e vale la pena soffermarsi.

John Zerzan, pioniere dell'Anarco Primitivismo

Le opere di John Zerzan criticano la civiltà agricola come intrinsecamente opprimente e sostengono il ricorso ai modi di vita dei cacciatori-raccoglitori come ispirazione per come dovrebbe essere una società libera. Gli argomenti della sua critica includono l'addomesticamento, il linguaggio, il pensiero simbolico (come la matematica e arte) e il concetto di tempo.

Come Ho Fatto A Far Crollare La Civiltà

Una domanda che mi viene spesso posta è:

"Cosa ti fa pensare di poter abbattere la civiltà?"

La mia risposta è piuttosto semplice e si compone di due parti: la prima parte è che sono ancora relativamente (rispetto a molti altri) abile e capace e la seconda parte è che le mie esperienze passate dimostrano che ho la capacità di fare crollare la civiltà.

L'Ecologia di Kropotkin

"Il presente è il luogo in cui ci perdiamo, se dimentichiamo il nostro passato e non abbiamo una visione del futuro". Così scriveva il poeta ghanese Ayi Kwei Armah.

Quest'anno ricorre il centenario della morte del geografo anarchico Peter Kropotkin, una figura del passato che non dobbiamo certo dimenticare.

Permacultura Incivile

Nell'ambiente ambientalista contemporaneo sia la teoria della permacultura che la sua pratica sono diventate popolari come mezzi con cui riparare lo strato superficiale della terra che si sta esaurendo e tentare altrimenti di vivere in modo più sostenibile con il nostro pianeta. Non è che una risposta alla crisi ecologica che affrontiamo, sia che la conversazione sia incentrata sul cambiamento climatico, la distruzione ambientale, la sicurezza alimentare o la totalità.

Unabomber: la società industriale e il suo futuro

Nel 1971, Theodore John Kaczynski, detto Ted, si trasferì in una cabina remota senza elettricità o acqua corrente vicino a Lincoln, nel Montana, dove visse da recluso mentre imparava le abilità di sopravvivenza per diventare autosufficiente. Ha assistito alla distruzione della natura selvaggia che circondava la sua capanna e ha concluso che vivere nella natura stava diventando impossibile, decidendo di combattere l'industrializzazione e la sua distruzione della natura.

Ecologia Scientifica ed Ecologia Profonda

Siamo lieti di presentarvi la traduzione di un articolo di grande rilevanza e attualità, scritto da Reed Noss sotto lo pseudonimo di Diamondback, originariamente pubblicato sulla rivista eco-anarchica "Earth First!" nel novembre 1989.

Questo articolo offre un'analisi approfondita e provocatoria dell'ecologia scientifica e dell'ecologia come movimento ecosostenibile.

Sopravvivere alla Fine dei Tempi: un "Manifesto" Wildpunk

“Lo spettro che molti cercano di non vedere è una semplice realizzazione: il mondo non sarà 'salvato'. La rivoluzione anarchica globale non avverrà. Il cambiamento climatico globale è ormai inarrestabile. Non assisteremo alla fine mondiale della civiltà / capitalismo / patriarcato / autorità. Non succederà presto. È improbabile che accada mai. Il mondo non sarà "salvato". Non da attivisti, non da movimenti di massa, non da enti di beneficenza e non da un proletariato globale insorto. Il mondo non sarà "salvato". Questa consapevolezza ferisce le persone. Non vogliono che sia vero! Ma probabilmente lo è.“

Queste sono alcune delle prime righe di Desert, probabilmente l'opera anarchica più importante degli ultimi tempi. Il deserto ci mette di fronte a qualcosa che tutti noi possiamo sentire nel profondo ma che non vogliamo essere vero: "Nel profondo del nostro cuore sappiamo tutti che il mondo non sarà salvato".

Brucia il Libro del Pane: il comunismo industriale non ti libererà

Il pane e altri prodotti industriali ci alienano dal nostro ecosistema e ci fanno smettere di preoccuparci di come viene prodotto il nostro cibo, purché sia ​​lì nel negozio quando vogliamo mangiarlo.

In una società industriale che mira a dare a tutti nel mondo pari accesso ai beni di consumo, l'industria non diminuisce: aumenta.

Rimettere la produzione alimentare sotto il controllo dell'individuo è l'unico modo per preservare l'ecosistema.

Il cibo diretto è l'unico modo di produzione anarchico.

Una burocrazia sarà sempre instillata in una società di massa organizzata ed è per questo che il comunismo industriale non è sostenibile.

I Comunicati del Freedom Club

Le seguenti lettere provengono dagli archivi dell'FBI per i documenti trovati nella cabina di Ted Kaczynski. Tutti i documenti sono copie di lettere effettivamente inviate durante la campagna di bombardamenti (tranne la lettera non inviata a LWOD). I documenti originali risiedono nella Biblioteca delle collezioni speciali dell'Università del Michigan (Labadie Collection), dalla quale sono state richieste queste lettere per la trascrizione e la diffusione.