Pierre-Joseph Proudhon è stato un filosofo, economista, sociologo, saggista ed anarchico francese. Tra i principali teorici dell'anarchismo, fu il primo ad attribuire un significato positivo ai termini "anarchia" ed "anarchico", sino ad allora impiegati soltanto con un'accezione dispregiativa, come afferenti ai concetti di anomia ed entropia, anche dai suoi stessi pensatori e militanti del tempo (perfino da William Godwin, generalmente considerato un teorico ed esponente ante litteram dell'anarchismo).

Ebbe inoltre il merito di aver ispirato il celebre simbolo della A cerchiata, il cui significato risiede nella sua stessa massima "l'Anarchia è Ordine", oltre ad aver coniato la massima secondo cui "La proprietà privata è un furto". Politicamente attivo durante il breve periodo della Seconda Repubblica francese, sorta a seguito dei moti del 1848, Proudhon teorizzò il sistema economico socialista libertario noto come mutualismo.

Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865) elaborò una forma di socialismo antiborghese e anarchico; nato a Besancon, in un primo tempo lavorò in una tipografia, poi, nel 1840, pubblicò la prima memoria sulla proprietà ( Che cos'é la proprietà? ), dedicata all'Accademia di Besancon che la sconfessò, nel 1841 la seconda memoria, dedicata a Blanqui (che sarà esponente politico del movimento socialista nel governo provvisorio del 1848, sostenitore di una poletica in cui il giacobinismo era commisto al marxismo), e nel 1842 la terza, immediatamente sequestrata. Accusato di attentato alla proprietà privata e alla religione e di incitamento all'odio per i governi, fu assolto; nel 1844 a Parigi entrò in contatto con Bakunin e Marx, con il quale però tuttavia ruppe ben presto i rapporti. Nel 1846 pubblicò il Sistema delle contraddizioni economiche o filosofia della miseria , a cui Marx non tardò a rispondere con la Miseria della filosofia. Nel 1848 Proudhon prese parte alla rivoluzione, fu redattore del giornale "Le Représentant du Peuple" e venne eletto nell'Assemblea costituente, ma l'anno successivo, avendo attaccato Luigi Bonaparte (il futuro Napoleone III), fu condannato a tre lunghi anni di prigione.

Nel 1851 pubblicò la Filosofia del progresso e, nel 1859, Sulla giustizia considerata nella rivoluzione e nella Chiesa . Anche quest'opera, forse la sua più importante, fu immediatamente sequestrata ed egli fu di nuovo condannato a tre anni di prigione. Per evitarla si rifugiò a Bruxelles e solo nel 1862 tornò in Francia. Tra i suoi ultimi scritti vanno ricordati La guerra e la pace (1861) e Sul principio federativo (1864). La summa del suo pensiero politico si trova nell'opera "Del Principio Federativo ", pubblicata pochissimi anni prima di morire. In essa definisce il federalismo come teoria dello stato basato sul contratto politico (o di federazione). Afferma che lo stato, per essere coerente con il suo principio, deve equilibrare nella legge l'autorità con la libertà e che questo si ottiene ponendo a perno del loro equilibrio il contratto politico o di federazione fra le persone responsabili. Potrebbe essere questa la "religione civile dell'umanità" per i prossimi secoli. È cosiderato il padre del federalismo integrale.

Nella Célébration du Dimanche definì la proprietà privata come l'ultimo dei falsi dèi, in quanto è un ostacolo all'uguaglianza fra gli uomini, cioè alla giustizia. In "Che cos'é la proprietà?" scrive poi la sua famosa frase, apprezzata anche da Marx: "la proprietà privata è un furto!". In realtà ciò che Proudhon vuole combattere è soltanto la proprietà come mezzo di sfruttamento di altri uomini: i mezzi di produzione e la casa da abitare devono appartenere a chi li adopera, finché li adopera ("la casa è di chi l'abita", dirà più tardi un famosissimo canto anarchico). Nella sua forma di governo ideale, egli rifiuta la presenza di uno stato perché considerato un'istituzione assurda, finalizzata semplicemente allo sfruttamento del lavoro altrui da parte di alcuni uomini. Egli rifiuta ogni tipo di potere al di sopra dell'individuo, ivi compreso Dio che, in ambito religioso, è esattamente come lo stato in ambito politico e la proprietà in quello economico: istituzioni illegittime finalizzate al controllo degli altri uomini ed al loro sfruttamento.

« L’anarchia è una forma di governo o di costituzione nella quale la coscienza pubblica e privata, formata dallo sviluppo della scienza e del diritto, basta da sola a mantenere l’ordine ed a garantire tutte le libertà. » (Pierre-Joseph Proudhon)

Per altri aspetti fu conservatore, ad esempio si dichiarò favorevole alla sottomissione della donna all'uomo e si scagliò contro le cosiddette perversioni sessuali. Il suo pensiero fu considerato inapplicabile e per questo quello che ipotizzò fu definito "socialismo utopistico" (dal greco "ou + topos", "che non esiste in alcun luogo").

Egli definì inizialmente l'anarchia come l'assenza di signori, di monarchi o governanti in uno stato sovrano, in Che cos'è la proprietà? e come il bisogno di "una società senza autorità" in L'idea generale della Rivoluzione. Estese poi questa analisi oltre le mere istituzioni politiche, affermando che "proprietario" è sinonimo di "padrone". Per Proudhon infatti:
«"Capitale" in campo politico è sinonimo di "governo". La concezione economica di capitalismo, quella politica di governo e quella teologica di Chiesa sono tre concetti identici, collegati in modi differenti. Attaccare uno solo di loro equivale ad attaccarli tutti. Quello che il capitale fa al lavoro, e lo Stato alla libertà, la Chiesa lo fa allo spirito. Questa trinità di assolutismo è rovinosa nella pratica tanto quanto nella filosofia. I mezzi più efficienti per opprimere il popolo sarebbero simultaneamente sopprimere e schiavizzare il suo corpo, la sua volontà e la sua ragione.»

Verso la fine della sua vita, Proudhon modificò in parte le sue originarie convinzioni nel Del principio federativo. In esso definisce il federalismo come teoria dello stato basato sul contratto politico (o di federazione). Afferma che lo stato, per essere coerente con il suo principio, deve equilibrare nella legge l'autorità con la libertà e che questo si ottiene ponendo a perno del loro equilibrio il contratto politico o di federazione fra le persone responsabili. Potrebbe essere questa la "religione civile dell'umanità" per i prossimi secoli. È considerato il padre del federalismo integrale.

Nella sua forma di governo ideale, egli rifiuta la presenza di uno Stato perché considerato un'istituzione assurda, finalizzata semplicemente allo sfruttamento del lavoro altrui da parte di alcuni uomini. Egli rifiuta ogni tipo di potere al di sopra dell'individuo, ivi compreso Dio che, in ambito religioso, è esattamente come lo Stato in ambito politico e la proprietà in quello economico: istituzioni illegittime finalizzate al controllo degli altri uomini e al loro sfruttamento.
«L'anarchia è una forma di governo o di costituzione nella quale la coscienza pubblica e privata, formata dallo sviluppo della scienza e del diritto, basta da sola a mantenere l'ordine e a garantire tutte le libertà.»
(Pierre-Joseph Proudhon)

Vale la pena, per chiarezza, ripetere la concezione della società di Proudhon, da lui stesso formulata ad appena trenta anni in Célébration du dimanche: "Trovare uno stato d'eguaglianza sociale che non sia né comunismo, né dispotismo, né frazionamento, né anarchia, ma libertà nell'ordine e indipendenza nell'unità".

Dice ancora molti anni più tardi in "Del principio federativo": "Come variante del regime liberale, ho indicato l'ANARCHIA o governo di ognuno da parte di se stesso, in inglese "self-government". L'espressione di governo anarchico implica una sorta di contraddizione, la cosa sembra impossibile e l'idea assurda. Non c'è qui che da rivedere il termine; la nozione di anarchia, in politica è razionale e positiva come nessun'altra. Essa consiste nel fatto che, una volta ricondotte le funzioni politiche alle funzioni della produzione, l'ordine sociale risulterebbe solo dal fatto delle transazioni e degli scambi. Ognuno allora potrebbe dirsi autocrate di se stesso. Il che è l'estremo opposto dell'assolutismo monarchico. (...). Malgrado il richiamo potente della libertà, né la democrazia né l'anarchia nella pienezza e integrità della loro idea, si sono realizzate in nessun luogo".

Nei suoi primi lavori Proudhon analizzò la natura e i problemi dell'economia capitalistica e le sue critiche non si limitarono solo al capitalismo, ma riguardarono anche la visione socio-economica dei socialisti suoi contemporanei. Da Che cos'è la proprietà? alla pubblicazione postuma di La teoria della proprietà, dichiarò che "la proprietà è un furto", "la proprietà è insostenibile", "la proprietà è dispotismo" e "la proprietà è libertà". Quando infatti disse "la proprietà è un furto", si riferiva ai possidenti terrieri e ai capitalisti i cui proventi considerava come furti nei confronti dei lavoratori. Per Proudhon il lavoratore di un capitalista è "subordinato, sfruttato: la sua condizione permanente è di obbedienza".

Nell'affermare che "la proprietà è libertà", si riferiva invece non solo al prodotto del lavoro individuale, ma anche a quello di contadini e artigiani che ricavano beni dalla vendita dei propri servizi e del proprio surplus. Per Proudhon l'unica e legittima fonte di proprietà è il lavoro. Quello che chiunque può produrre è di sua proprietà: invocava l'indipendenza dei lavoratori e condannava la proprietà capitalistica dei mezzi di produzione. Rigettò strenuamente alla pari il possesso dei mezzi di produzione da parte della società intera, sostenendo in Che cos'è la proprietà? che "tutto il capitale sociale accumulato, non è di esclusiva proprietà di nessuno".

Proudhon perciò non approva che la società possegga tutti i mezzi di produzione o tutti i beni terrieri, ma propone piuttosto che chi ne fruisce li possegga (sotto il controllo da parte della società, tramite le regolazioni di mercato). Proudhon si definì socialista ma si oppose al possesso da parte dello Stato dei beni in favore di una proprietà da parte dei lavoratori stessi, organizzati in associazioni. Ciò ne fece uno dei primi intellettuali del socialismo libertario e gli procurò grande influenza nella teorizzazione di un possibile sistema autogestionale. Chiamò questo concetto di fruizione-proprietà, "possesso", e questo sistema economico "mutualismo". Proudhon aveva molte critiche alla proprietà di terre e capitali, incluse critiche morali, economiche, politiche e di libertà individuale. In una di queste critiche afferma che la proprietà crea profitto, genera instabilità e induce a circoli di debiti che superano la capacità di produzione, spingendo ad aumentare la crescita all'infinito. Un'altra critica afferma che la proprietà crea squilibri sociali e fenomeni di dispotismo che si ritorcono contro i lavoratori stipendiati, soggetti all'autorità illegittima dei datori di lavoro.