Noi, gli affranti eredi di un'umanità decadente, ci riuniamo oggi per tracciare un freddo elogio funebre per il defunto filosofo di controversa fama, Ted Kaczynski. Questo uomo, che ha raggiunto la fine del suo tragico viaggio il 10 giugno 2023, è stato profondamente travagliato dalla sua lotta contro l'inesorabile macchina industriale che domina il nostro mondo moderno.

Ted Kaczynski, conosciuto come il "Unabomber", rimane una figura avvolta in un'aura di mistero, anche se numerosi resoconti biografici esistono per offrire almeno un'infarinatura delle sue gesta e pensieri. È inutile menzionare le opere cinematografiche e televisive che, per puro interesse di mercato, hanno indegnamente evitato di esplorare in modo adeguato le sue idee, offuscando così la sua vera essenza. La censura e la conformità hanno inibito la comprensione approfondita delle sue visioni, costringendoci a cogliere solo frammenti fugaci di un messaggio che ha sacrificato ciò a cui teneva di più: la sua libertà e la sua passione per la vita nei boschi e l'autosufficienza.

Sebbene il resto della sua esistenza sia stato trascorso in una prigione ad alta sicurezza, a Kaczynski è stato concesso il privilegio di rilasciare interviste e di continuare a scrivere articoli, saggi e corrispondere, anche se tali attività sono state costantemente filtrate dalle rigide norme penitenziarie. Nonostante le sfide incontrate, il suo manifesto "La Rivoluzione Industriale e il Suo Futuro" rimane la sua opera più considerata e influente, un grido di ribellione contro la civilizzazione e il progresso indiscriminato.

L'etichetta ideologica di Kaczynski è sempre stata oggetto di dibattito accanito: alcuni lo hanno definito un anarco-primitivista, altri un ecofascista, ma lui stesso ha sempre respinto e criticato entrambe le definizioni. È importante notare che, nel nostro ruolo di eredi di un'umanità decadente, egli ci ha insegnato a superare i limiti posti dalla sinistra tradizionale nell'interpretazione dell'anarchia. Il suo messaggio andava ben oltre i confini concettuali nei quali la società vorrebbe imprigionare tale concetto, rivelando una prospettiva ancor più cupa e radicale.

Ora, mentre gli porgiamo un tributo postumo, non possiamo fare a meno di afferrare il senso profondo di cinismo che traspare dalle sue parole e azioni. La sua filosofia era intrisa di un misantropico disprezzo per la natura umana, un profondo scoramento nei confronti delle masse ipnotizzate dalla tecnologia e una rabbia implacabile verso l'accelerazione insensata del progresso. Con voce stentorea, Kaczynski ha rifiutato di offrirci una fede cieca nella bontà intrinseca dell'umanità, lasciandoci invece con un'amara consapevolezza dell'abisso nel quale siamo precipitati.

Il suo messaggio, sebbene avvolto in un manto oscuro e non speranzoso, ha il merito di scuoterci dalle nostre illusioni e di spingerci a interrogarci sulla nostra dipendenza dal sistema che ci sovrasta. In un mondo che adora ingenuamente l'idolatria del progresso senza fine, le parole di Kaczynski rimbombano come un monito feroce, un richiamo alla riflessione sulla nostra direzione e sulle conseguenze delle nostre azioni.

Mentre ricordiamo Kaczynski, non cadiamo nella trappola della tristezza o della malinconia convenzionale. La morte di un uomo può essere un'occasione per celebrare il suo lascito intellettuale, un momento per esaminare criticamente la nostra realtà e per abbracciare la sfida di vivere in un mondo che, secondo la sua prospettiva, sembra destinato alla distruzione. La sua eredità ci invita a sondare le profondità dell'animo umano, a riconoscere le incoerenze della società e a contemplare la possibilità di un cambiamento radicale.

Mentre il tempo diluisce la memoria degli individui, lasciamo che la figura di Ted Kaczynski rimanga impressa nella nostra coscienza collettiva. Che le sue parole e le sue idee ci ispirino a perseguire una comprensione più profonda di noi stessi, della società e dell'interazione umana. Non importa quale etichetta gli sia stata assegnata o quanto sia stata controversa la sua vita, il suo contributo al panorama filosofico e al dibattito sociale rimane innegabile.

Quindi, oggi, ci inchiniamo davanti a un uomo che ha sfidato le convenzioni, anche se le sue azioni sono state orribili e non possiamo giustificarle in alcun modo. Riconosciamo la sua eredità complessa e controversa, che ci costringe ad affrontare le ombre che circondano il nostro cammino. Che possiamo trarre insegnamenti da questo strano filosofo, anche se ciò significa esplorare i recessi più oscuri della nostra condizione umana.

In omaggio a Ted Kaczynski, ci allontaniamo temporaneamente dalle convenzioni sociali e abbracciamo la sua visione cinica, affinché la sua eredità possa continuare a solleticare le nostre menti e a sfidare la società moderna. Possa la sua voce persistere nella nostra riflessione, trascendendo le barriere del tempo e mantenendo viva la fiamma di un pensatore che, a costo della sua stessa libertà, ha cercato di scuotere il mondo dal suo sonnolento torpore.


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Ted Kaczynski dal carcere sull'Ecofascismo: "un ramo aberrante della sinistra"

A smentire i luoghi comuni e l'etichetta di ecofascista sul noto ecoterrorista e scrittore Ted Kaczynski, detto "Unabomber" e sui movimenti di ecologia radicale, ci pensa lui stesso dal carcere, in una nota manoscritta datata 29 settembre 2020, scansioni recuperate il 10 febbraio 2022.

📃 Segue traduzione in lingua italiana del documento originale.

I Comunicati del Freedom Club

Le seguenti lettere provengono dagli archivi dell'FBI per i documenti trovati nella cabina di Ted Kaczynski. Tutti i documenti sono copie di lettere effettivamente inviate durante la campagna di bombardamenti (tranne la lettera non inviata a LWOD). I documenti originali risiedono nella Biblioteca delle collezioni speciali dell'Università del Michigan (Labadie Collection), dalla quale sono state richieste queste lettere per la trascrizione e la diffusione.

🎥 Filosofia di Unabomber

Breve spiegazione del pensiero di Theodore Kaczynski estrapolato dalla sua opera: La Società Industriale e il suo futuro.

L'odio per la tecnologia, l'odio per la sinistra, la stretta e difficile strada per la rivoluzione.

Un pensiero politico raffinato e con molte caratteristiche inedite. Un autore fondamentale da riscoprire.

Colpisci dove fa più male

John Zerzan, uno dei redattori di Green Anarchy (rivista eco-anarchica radicale) e organizzatore di manifestazioni antiglobalizzazione a Seattle nel 1999, ha tenuto regolarmente una corrispondenza con Unabomber dopo il suo arresto e gli ha fatto visita in prigione.

Nella primavera del 2002, Green Anarchy ha elencato Unabomber come "prigioniero di guerra" e ha pubblicato il suo articolo intitolato "Hit Where It Hurts".

In questo articolo, Kaczynski invitava gli anarchici a rinunciare ai loro tentativi di attaccare il sistema tecnologico e industriale sulla base di valori accettati da quel sistema.

Tali azioni, sostiene, non contribuiscono alla distruzione del sistema; al contrario, lo costringono a introdurre riforme, che lo rendono più forte.

Per porre fine ai fenomeni negativi generati dal sistema, bisogna attaccare non le cose che il sistema può riformare, ma i suoi “organi vitali”.

La Carcassa in Decomposizione dietro lo Spauracchio Verde
Come l'anarchia verde è diventata la posizione più controversa

L'anarchia verde, indipendentemente dalla propaggine, è una filosofia, una critica e un modo di vivere che enfatizza i principi anarchici più pronunciati. Gli anarchici verdi sono pronti e disposti a smantellare tutte le strutture di dominio, a partire da un'analisi radicata dell'ecologia, il che significa la relazione tra tutti gli esseri viventi e l'ambiente fisico da cui tutti dipendiamo per sopravvivere.

Esamineremo le origini e la graduale evoluzione dell'anarchia verde, esploreremo come queste idee vengono percepite dalle persone che guardano dall'esterno e cercheremo di capire perché l'anarchia verde è così detestata da un contingente di teorici di sinistra che, sempre più, ci hanno calunniato come "eco-fascisti".

"A Primitivist Primer", l'innesco al Primitivismo di John Moore

A Primitivist Primer è un saggio breve di John Moore pubblicato nel 2000 sulla rivista Green Anarchy, il cui titolo consiste in un interessante gioco di parole non traducibile letteralmente in italiano. "Primer" infatti è traducibile dall'inglese oltre che come "principiante", in senso tattico-militare come "innesco" o "chi innesca una carica", e in senso edilizio come "prima mano". Il suo primitivismo non è inteso come un desiderio di ritornare ad un epoca primitiva, quanto, nel prendere la società pre-industriale come un modello di riferimento in cui «la cooperazione tra gli individui erano gli aspetti prevalenti della vita comunitaria».

Unabomber: la società industriale e il suo futuro

Nel 1971, Theodore John Kaczynski, detto Ted, si trasferì in una cabina remota senza elettricità o acqua corrente vicino a Lincoln, nel Montana, dove visse da recluso mentre imparava le abilità di sopravvivenza per diventare autosufficiente. Ha assistito alla distruzione della natura selvaggia che circondava la sua capanna e ha concluso che vivere nella natura stava diventando impossibile, decidendo di combattere l'industrializzazione e la sua distruzione della natura.

Fanculo la vostra Rivoluzione Rossa: contro l'Ecocidio, verso l'Anarchia

Il collettivismo, che sia ideologicamente comunista, fascista o capitalista, non è qualcosa che serve i miei interessi come agricoltore di sussistenza indigeno e raccoglitore che vive in queste remote montagne.

Qualunque sia il dogma industriale che mi ordina di vivere la mia vita serve solo a riempire il mio cuore di dolore. Respingerò a gran voce l'idea di una società collettiva in ogni occasione, indipendentemente dalla sua alleanza ideologica. Tutta l'industria uccide tutta la vita.

Sono un anarchico. Anche l'idea di una “società” che governa il mio stile di vita mi fa un po' vomitare. I tuoi bisogni non sono i miei bisogni, non voglio andare dove il collettivo vuole portarmi...

…Voglio essere liberato dal sistema, non diventare il sistema. Il collettivo non è il mio padrone. Il collettivo è in realtà solo un altro stato, per quanto ben impacchettato.

Brucia il Libro del Pane: il comunismo industriale non ti libererà

Il pane e altri prodotti industriali ci alienano dal nostro ecosistema e ci fanno smettere di preoccuparci di come viene prodotto il nostro cibo, purché sia ​​lì nel negozio quando vogliamo mangiarlo.

In una società industriale che mira a dare a tutti nel mondo pari accesso ai beni di consumo, l'industria non diminuisce: aumenta.

Rimettere la produzione alimentare sotto il controllo dell'individuo è l'unico modo per preservare l'ecosistema.

Il cibo diretto è l'unico modo di produzione anarchico.

Una burocrazia sarà sempre instillata in una società di massa organizzata ed è per questo che il comunismo industriale non è sostenibile.

Esistono alternative anarchiche alla polizia e alle prigioni?

Non appena crei sistemi formali per affrontare il "crimine", sei diventato un poliziotto. Lo scopo dell'anarchia è negare i sistemi di autorità in modo che non possano continuare a crescere e causare danni strutturali radicati, non trasformarli in forme (presumibilmente) più amichevoli di autorità.

Dare alla polizia armi meno letali o addestramento all'empatia o nuove scintillanti uniformi rosse non impedisce alla polizia di essere un'autorità violenta che esiste solo per mantenere il dominio delle classi privilegiate. Ciò non impedisce alla polizia di essere un'istituzione originariamente creata per catturare gli schiavi fuggiti e riportarli dai loro padroni.

Assumere più poliziotte donne o poliziotti neri o poliziotti gay non fa che rendere più facile per lo stato nascondere le atrocità che i poliziotti commettono quotidianamente, presentando le forze di polizia come "diverse", "progressiste", "inclusive" e "modernizzate". Dipingere un arcobaleno su uno stivale non lo rende meno uno stivale...

Anarchia vs Comunalismo: Bookchin tra "Stilismo di Vita", Ideologia e Greenwashing

Il padre del comunalismo; Murray Bookchin, è stato a lungo identificato come anarchico ma più tardi nella vita ha scritto aspri attacchi contro gli anarchici. Ha in gran parte inventato uno scisma immaginario tra quelli che ha definito anarchici "lifestylist" e socialisti, denunciando questi "stilisti di vita" come inferiori a lui.

Anche se alla fine abbandonò l'anarchismo in favore della sua ideologia comunalista, questa divisione elitaria che creò tra "stile di vita" e socialismo continua a riverberarsi oggi, con alcuni social-anarchici che arrivano persino a prendere le distanze dagli aspetti individualisti dell'anarchia che ha in gran parte definito il movimento fin dall'inizio.

Questa divisione fabbricata ha aiutato molto a frammentare gli anarchici in due fazioni opposte e ha portato a inutili lotte intestine e distrazioni.

Divenire Animale: il mio individualismo selvaggio

Quando considero per la prima volta cosa significa essere un anarchico, o se non essere un anarchico allora essere qualcuno che abbraccia l'anarchia – che alcune persone potrebbero chiamare essere un anarchico – la mia consapevolezza è immediatamente attratta dal mio corpo e dallo spazio che il mio corpo occupa.

Questo di solito inizia pensando ai miei piedi. Li trovo attaccati alle mie gambe. Le mie gambe sono attaccate al mio inguine. Dopo questo, trovo il mio busto, con queste braccia e mani attaccate. Non riesco a trovare la mia testa visivamente fino a quando non uso uno specchio, e anche allora vedo un'immagine riflessa, anche se ovviamente posso sentire la mia testa con le mani.

Ho un'esperienza sensualmente immediatista di essere questo corpo. Il mio potere si trova nella carne che sono, la carne che si trova qui. Posso usare queste mani per formare un pugno e prendere a pugni chiunque voglia. La mia bocca può cantare canzoni di selvaggia bellezza, o esprimere poesie come attacco di percezione. Questi piedi possono calpestare le trappole per tassi: le uniche gabbie belle sono le gabbie distrutte.

Nessuna speranza, nessun futuro: che le avventure abbiano inizio!

Il sole, la luna e le stelle non aspettano; bombardano il cielo con la loro presenza. Uno tsunami non esita; annuncia un rantolo di distruzione prima di dissiparsi. Allora perché dovrei aspettare? E chi sto aspettando? E chi stanno aspettando? Il Futuro è un dio a cui si obbedisce a scapito dei propri desideri immediati per assicurarsi una lontana appartenenza a un'utopia inesistente.

Il Futuro è una proiezione olografica di sogni e promesse che vengono rifiutate dal presente. Per i politici e altri autoritari che cercano il dominio a lungo termine, Il futuro è spesso socialmente utilizzato per sfruttare la propria paura di vivere il momento. Il futuro addomestica il desiderio selvaggio, limitando la sua capacità di esplorare esperienze spontanee e imprevedibili.

Oggi è qui, proprio ora come una tela bianca che invita la mia creatività immaginativa e distruttiva. Ho il coraggio di sognare più in grande del mondo carcerario della ricchezza materiale, delle tendenze della moda e dell'operaismo? Dovrei indulgere in un edonismo selvaggio contro il monolite della miseria collettivizzata? SÌ! Contro il vangelo del Futuro, la mia anarchia è una sfrenata celebrazione del presente!

Ecologia Sociale Distorta

Cari lettori, siete stufi di sentir parlare di ecologia sociale da ogni angolo, da ogni rivista di moda alla blogosfera? Vi sentite sopraffatti dai sermoni di pseudo-ambientalisti che sembrano conoscere a memoria ogni termine "eco" ma che, alla fine, non sanno nemmeno cosa realmente significhi l'ecologia? Se la risposta è sì, allora siete nel posto giusto.