Cent’anni fa venne promulgata la Carta del Carnaro, “fu scritta da un grande sindacalista come Alceste de Ambris e rivista da un grande poeta-soldato, Gabriele d’Annunzio. All’articolo 2 della parte generale sono condensate tutte le parole chiave della Carta: democrazia diretta, sociale, organica, fondata sulle autonomie, lavoro produttivo e sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione.

”D'Annunzio e il suo governo vararono la Carta del Carnaro, una costituzione provvisoria, scritta dal sindacalista rivoluzionario Alceste de Ambris e modificata in parte dal Vate stesso, che prevedeva, insieme alle varie leggi applicative e regolamenti varati, numerosi diritti per i lavoratori, le pensioni di invalidità, l'habeas corpus, il suffragio universale maschile e femminile, la libertà di opinione, di religione e di orientamento sessuale, la depenalizzazione dell'omosessualità, del nudismo e dell'uso di droga, la funzione sociale della proprietà privata, il corporativismo, le autonomie locali e il risarcimento degli errori giudiziari, il tutto molto tempo prima di altre carte costituzionali dell'epoca.

L'impresa di Fiume non fu quindi solo una questione legata all'ambito nazionalistico e alla destra politica, come lascia sottendere la storiografia ufficiale, bensì essa coinvolse in forme diverse tutto quel coacervo di forze eterogenee fuoriuscite dalla prima guerra mondiale e in cui trovarono spazio anche anarchici, comunisti, rivoluzionari, ribelli, artisti, etc. E fu proprio Gabriele D’Annunzio l’elemento carismatico in grado di mantenere gli equilibri in un ambito così vasto e diversificato di personalità e ideologie.

La Reggenza italiana del Carnaro fu un'entità statuale provvisoria proclamata nel 1920 nella città di Fiume durante l'occupazione ribelle guidata da Gabriele D'Annunzio. Il suo scopo era preparare l'annessione della città al Regno d'Italia. La Reggenza ebbe termine quando il Trattato di Rapallo stabilì la creazione dello Stato libero di Fiume. Nel dicembre 1920 l'esercito italiano, incaricato di verificare l'applicazione del trattato, dopo un cruento scontro con le truppe dannunziane impose lo scioglimento della Reggenza.

Con la fine della Prima guerra mondiale, la città di Fiume – precedentemente parte del Regno d'Ungheria, ma abitata in maggioranza da italiani, che rappresentavano quasi il 60% della popolazione, con una minoranza di croati (24%), sloveni (6%), ungheresi (13%) e tedeschi – divenne ben presto oggetto di contesa tra l'Italia e il neocostituito Regno dei Serbi, Croati e Sloveni: due Consigli Nazionali proclamarono rispettivamente l'annessione al Regno d'Italia e a quella che di lì a poco si sarebbe chiamata Jugoslavia  Alla Conferenza di pace di Parigi (1919) venne dibattuto il futuro della città di Fiume, che già sotto l'Ungheria aveva costituito un "corpus separatum" al confine tra l'Istria austriaca e la Croazia-Slavonia ungherese, e che alcuni volevano ergere a stato indipendente. Gli jugoslavi rivendicarono l'Istria, la Dalmazia e la Venezia Giulia comprese Gorizia e Trieste. I plenipotenziari italiani a Parigi rivendicarono Fiume, basandosi su criteri etnico-linguistici (la maggioranza degli abitanti del centro storico di Fiume parlava italiano). Wilson, tuttavia, avanzò la proposta di ergere la città a stato libero. Ne seguì una crisi di governo in Italia, in cui Orlando fu sostituito da Francesco Saverio Nitti e additato come responsabile della "Vittoria mutilata".

D'Annunzio guidò un gruppo di 2 600 nazionalisti irregolari a Ronchi, vicino a Monfalcone fino a Fiume, prendendone il possesso il 12 settembre 1919. I ribelli (in seguito definiti "legionari") proclamarono l'annessione della città al Regno d'Italia. I legionari speravano di migliorare la posizione negoziale dell'Italia, ma il governo non riconobbe la ribellione.

Era l'inverno e l'estate 1920 le trattative internazionali elaborarono per Fiume una soluzione di compromesso, ovvero la trasformazione della città contesa in uno Stato indipendente. Il progetto faceva leva sulla secolare autonomia di cui Fiume aveva goduto sotto gli Asburgo. I dannunziani che occupavano la città decisero di anticipare la costituzione dello Stato libero. L'8 settembre 1920 dichiararono Fiume stato indipendente in attesa di essere annesso all'Italia. Chiamarono questa entità provvisoria "Reggenza Italiana del Carnaro". Per evitare ogni opposizione da parte delle autorità locali, sempre più ostili nei confronti degli occupanti, d'Annunzio proclamò il nuovo Stato in un comizio pubblico al balcone del palazzo del Governo. In quell'occasione disse alla folla dei suoi sostenitori:«La vostra vittoria è in voi. [...] Domando alla Città di vita un atto di vita. Fondiamo in Fiume d'Italia, nella Marca Orientale d'Italia, lo Stato Libero del Carnaro.»(Dal discorso di D'Annunzio del 12 agosto 1920 in cui proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro)L'istituzione della Reggenza permise al comando militare dannunziano di ottenere il controllo totale della città. Fu, di fatto, una dittatura. Il governo era composto da un "Consiglio dei Rettori", nominati tra collaboratori o sostenitori di d'Annunzio.Interni e Giustizia: Icilio Bacci, Esteri: Gabriele D'Annunzio. Difesa: Giovanni Host-Venturi, Finanze: Maffeo Pantaleoni, Economia pubblica: Luigi Bescocca, Lavoro: Clemente Marassi, Istruzione: Lionello Lenaz. La Reggenza fu ufficialmente dotata di una costituzione, (la Carta del Carnaro), scritta dal capo di gabinetto Alceste de Ambris e rielaborata da d'Annunzio. Lo statuto prefigurava un modello di società utopistico, attingendo all'Età comunale e al Corporativismo.

Con l'insediamento al governo di Giovanni Giolitti (15 aprile 1920), il Ministero degli Esteri italiano fu affidato a Carlo Sforza, che cercò di normalizzare i rapporti tra Italia e Jugoslavia. I due governi decisero di incontrarsi in territorio italiano, a partire dal 7 novembre 1920, nella Villa Spinola (oggi conosciuta anche come Villa del trattato), presso Rapallo. Le trattative durarono pochi giorni e il 12 novembre 1920, con la sottoscrizione del trattato di Rapallo, l'Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni riconobbero consensualmente Fiume come stato libero e indipendente e stabilirono i propri confini (fissati esattamente allo spartiacque delle Alpi Giulie). Al rifiuto di D'Annunzio di lasciare la "Reggenza", Fiume fu circondata dall'esercito italiano. Il mattino della vigilia di Natale fu sferrato l'attacco che provocò una cinquantina di vittime (Natale 1920) e l'allontanamento dei legionari (30 dicembre 1920).

Lo Stato Libero di Fiume (in croato: Slobodna Država Rijeka) era una città-stato del XX secolo formata dalla sola municipalità di Fiume, esistita tra il 1920 e il 1924, e ora parte della Croazia. Lo stato fu formato con il territorio della città ungherese di Fiume, cui fu aggiunta una striscia di territorio costiero istriano atto a permettere la connessione diretta con l'Italia. Lo Stato confinava infatti con Castua, Gellegne, Viscovo, Čavle, e il comune italiano di Mattuglie.

Il 12 novembre 1920 il Regno d'Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni firmano il trattato di Rapallo, con il quale ambedue le parti riconoscono la piena libertà e indipendenza dello Stato Libero di Fiume, impegnandosi a rispettarla. Lo Stato Libero di Fiume esisterà de facto un anno e de iure quattro anni. Il nuovo Stato viene subito riconosciuto da tutti i principali Paesi, inclusi gli Stati Uniti d'America, la Francia e il Regno Unito. D'Annunzio non accettò il trattato e venne cacciato dalla città dalle forze militari regolari italiane (24-30 dicembre 1920) nel cosiddetto Natale di sangue. Nel gennaio 1921 nella città venne costituito un governo provvisorio con il compito di preparare la costituzione dello Stato Libero. Il 24 aprile 1921, si svolsero le prime elezioni parlamentari, alle quali gli autonomisti sfidarono il partito irredentista-fascista-dannunziano, riunito nella lista "Unione Nazionale". Vinsero gli autonomisti, con 6558 voti contro i 3443 voti dell'Unione Nazionale.

Il capo della lista vincente, Riccardo Zanella - già perseguitato da d'Annunzio - divenne il primo presidente dello Stato Libero. Nazionalisti, fascisti e dannunziani non si arresero, e crearono un Comitato di Difesa Nazionale allo scopo di rovesciare il governo eletto. Le violenze e le intimidazioni culminano il 3 marzo 1922, quando fascisti e dannunziani attaccano il palazzo del governo e costringono Zanella a firmare le proprie dimissioni. Moneta della Città di Fiume (temporanea, 1920)Fiume accoglie D'Annunzio (1920)«In seguito agli avvenimenti di oggi, 3 marzo 1922 che mi hanno costretto ad arrendermi alle forze rivoluzionarie, rimetto i poteri nelle mani del Comitato di difesa che ha originato il moto.»(Riccardo Zanella.

Mentre il governo Zanella e l'Assemblea costituente erano forzati all'esilio (si trasferirono a Porto Re, sotto la protezione del re dei Serbi, Croati e Sloveni), il 17 marzo i fascio-dannunziani nominano capo del governo l'irredentista Attilio Depoli. Dopo varie vicissitudini il governo italiano decise di inviare a Fiume l'esercito. Il generale Gaetano Giardino dal 17 settembre 1923 divenne governatore militare con il compito di tutelare l'ordine pubblico: con il Trattato di Roma, siglato il 27 gennaio 1924, veniva sancito il passaggio della città all'Italia e il 16 marzo il re Vittorio Emanuele III giungeva nella città. In base al trattato la città veniva assegnata all'Italia, mentre il piccolo entroterra con alcune periferie, Porto Baross, incluso nella località di Sussak e le acque del fiume Eneo, cioè l'intero alveo e il delta, venivano annessi al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni; il governo dello Stato Libero di Fiume considerò tale atto giuridicamente inaccettabile continuando a operare in esilio.Gli accordi raggiunti con il trattato di Roma vennero regolati con delle clausole da una Commissione mista per l'applicazione del trattato; tali clausole vennero ratificate dalla Convenzione di Nettuno il 20 luglio 1925.


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